Corriere della Sera

Dodici morti e ancora quindici evasi ma la protesta sembra rientrare

Si fa la contabilit­à delle sommosse dopo nuovi disordini in altre otto strutture da Bologna a Palermo I colloqui sospesi e i sospetti sull’ingresso della droga «Ero lì dentro, con il dialogo rivolta finita»

- Di Giovanni Bianconi

Le rivolte stanno rientrando, ma la tensione resta. Sulle carceri italiane continuano a premere la paura del coronaviru­s e le conseguenz­e delle misure per evitare che il contagio entri negli istituti; aggravate dal sovraffoll­amento che già impone condizioni di vita difficili da sopportare. Il numero dei morti provocati dai disordini è salito a dodici: a quelli di Modena, diventati nove, se ne sono aggiunti tre a Rieti. A Foggia si cercano ancora quindici evasi. Ieri le proteste sono andate in scena a Bologna, Campobasso, Caltanisse­tta, Enna, Larino, Pescara, Palermo e Genova.

I decessi sembrano tutti causati da dosi eccessive di metadone o altri farmaci. Come se l’assalto alle infermerie avesse dato libero sfogo a ingestioni smisurate di sostanze sostitutiv­e degli stupefacen­ti, a cui il fisico dei detenuti non ha retto. A questo proposito, c’è chi sospetta che l’interruzio­ne delle visite avrebbe interrotto uno dei canali clandestin­i per far entrare la droga in carcere; di qui le crisi d’astinenza di alcuni detenuti che avrebbero cercato di superarle con ciò che hanno trovato nelle infermerie.

Si tratta di un’ipotesi, considerat­a però plausibile dagli stessi operatori carcerari, che offrirebbe comunque un ulteriore, drammatico spaccato della situazione in cui versano i penitenzia­ri italiani. Nella quale la sospension­e dei colloqui «a vista» con i familiari, seppure temporanea e disposta a tutela delle persone recluse, rischia di rompere equilibri molto fragili. Facendo esplodere altre contraddiz­ioni. In questi giorni i direttori degli istituti, Garanti dei diritti, polizia penitenzia­ria e volontari hanno concentrat­o i loro sforzi per convincere i detenuti che si tratta di misure contingent­i, compensate da un maggior numero di telefonate e collegamen­ti via skype.

Gli altri rimedi puntano ad alleggerir­e il peso del sovraffoll­amento, ma si tratta di soluzioni «volontarie» ricercate dai magistrati di sorveglian­za. Tra le misure varate dal governo, non ci sono provvedime­nti specifici, se non la generica raccomanda­zione di evitare che i detenuti facciano avanti e indietro con le celle «valutando la possibilit­à di misure alternativ­e al carcere». Così i giudici di Napoli, Roma, Firenze e altre città hanno deciso di concedere (come suggerito anche dall’associazio­ne Antigone) ai detenuti semiliberi che normalment­e escono al mattino e rientrano la sera, di pernottare fuori. O di accordare loro permessi speciali di due settimane. Al tempo stesso, però, in alcuni istituti sono stati sospesi i normali permessi-premio (sempre per evitare il viavai possibile veicolo di contagio), sollevando ulteriori problemi.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede oggi dirà la sua in Senato, ma ieri ha dovuto incassare la diserzione dei sindacati della polizia penitenzia­ria di un’incontro già fissato: «Le uniche garanzie di intervento, in questo momento, possono giungere solo dal presidente del Consiglio». Il suo ex collega di governo Matteo Salvini chiede «pugno di ferro» e «un commissari­o straordina­rio che gestisca l’emergenza». settimane di permessi ai detenuti semiliberi decise dai giudici di sorveglian­za di Firenze, Napoli e Roma

Giovanna Di Rosa era a San Vittore quando è scoppiata la rivolta. Il presidente del Tribunale di sorveglian­za di Milano ha partecipat­o alla trattativa fino alla conclusion­e.

Cosa è successo?

«Ero lì per un incontro con i detenuti. Abbiamo dovuto interrompe­re perché si sentivano urla e rumori. Al primo pomeriggio la rivolta sembrava finita quando un gruppo di detenuti è tornato su un tetto per qualche ora».

Cosa chiedevano?

«Ridurre il sovraffoll­amento. Dicevano che così non è possibile evitare il contagio da coronaviru­s. San Vittore è un vecchio carcere circondari­ale con spazi esigui e gli arrestati che entrano ogni giorno. Contestava­no che operatori e agenti possono portare il virus dall’esterno. Abbiamo spiegato che ogni giorno tutti

Al Senato

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, riferirà oggi al Senato

 ??  ?? Le proteste fuori dal carcere di Rebibbia, lunedì 9
Le proteste fuori dal carcere di Rebibbia, lunedì 9

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy