Qui Roma rese onore a Romolo (non c’è la sua tomba)
Si è voluto riconoscere nell’ambiente sotterraneo scoperto nel Foro il sarcofago del fondatore. Ma l’ipotesi non torna
Intorno 600-580 avanti Cristo il re di Roma Tarquinio Prisco ha voluto raddoppiare le tribù dei cavalieri dando a quelle aggiunte il nome di amici suoi: iniziativa tipicamente tirannica. A questa riforma si è opposto l’augure tradizionalista Atto Navio, perché nessun cambiamento poteva essere apportato all’ordinamento di Romolo senza un presagio favorevole.
Tarquinio, come tutti i re, governava sedendo nel Comitium, situato nell’angolo settentrionale del Foro, al cospetto dei rappresentanti dei 30 rioni o curiae:i comitia curiata che concedevano l’imperium. Il Comitium era una piazzetta di forma triangolare (590 metri quadrati) delimitata da tre podi (suggesta). Al vertice del triangolo era la curia Hostilia, dove si riuniva il Senato; uscendo da questa curia a sinistra era il podio del Tribunal, dal quale il re governava e amministrava la giustizia; a destra era il podio della Graecostasis, riservato alle delegazioni straniere; alla base del triangolo, di fronte alla Curia Hostilia, era il podio da cui parlavano gli oratori, congiunto al santuario di Vulcano (Volcanal), dal 338 a.c. chiamato Rostra perché ornato dai rostri di navi vinte. Il Comitium del VI secolo a.c. è stato reso più monumentale agli inizi del V secolo a.c., ma nella sostanza ha conservato la forma originaria.
Un giorno nel Comitium Tarquinio Prisco ha chiesto all’augure Atto Navio di prendere gli auspici riguardo a quanto in quel momento aveva in testa, per sapere se poteva attuarlo. Atto Navio ha immaginato che si trattasse del raddoppio delle tribù dei cavalieri. Così è salito per le scale chiamate Gemoniae sull’arx per prendere gli auspici, risultati favorevoli. Intanto il re era rimasto seduto nel Comitium sul Tribunal.
Tornato Atto Navio nel Comitium, il re gli ha detto: «Sai che cosa avevo in mente quando ti ho chiesto di prendere gli auspici? Che avresti potuto tagliare con un rasoio la pietra che serve per affilarlo». Voleva mettere l’augure in imbarazzo, mai immaginando che sarebbe riuscito nell’impossibile impresa. Alle parole del re gli astanti si erano messi a ridere...
Allora Atto, che si trovava davanti alla curia Hostilia, ha colpito con il rasoio la cote e il metallo ha tagliato la pietra e in parte la stessa mano che la reggeva. Davanti al prodigio gli astanti stupiti hanno gridato e il re, vergognatosi per la prova che aveva imposto, ha cercato di riconquistare l’augure, apparso un uomo favorito dagli dei.
In memoria del prodigio Tarquinio ha fatto erigere una statua in bronzo ad Atto Navio nel luogo nel quale il miracolo era avvenuto. Dionigi di Alicarnasso racconta che la statua era ancora in piedi al tempo suo (tra il 30 e l’8 a.c.), che si trovava davanti alla curia Hostilia, che era più bassa di un uomo di media taglia e che aveva la testa velata.
A poca distanza dalla statua di Atto Navio, sul Tribunal (Scolio a Orazio, Satira, 2.6.35), Tarquinio ha ordinato di scavare una fossa e di seppellirvi il rasoio e la cote al disotto di un altare. Il luogo era chiamato puteal perché una vera di pozzo lo segnalava, proteggendo la fossa nella quale gli oggetti prodigiosi erano stati sepolti.
Vicino alla statua di Atto Navio era sorto anche un fico sacro, la ficus Navia, nel punto dove erano caduti alcuni fulmini, in seguito espiati e debitamente seppelliti nel Comitium (fulgura condita). Questi segni celesti avevano indicato il luogo dove l’albero sacro avrebbe dovuto sorgere.
Era stato Atto Navio ad aver voluto nel Comitium un doppio della ficus Ruminalis che si trovava al Lupercal, ai piedi del Palatino, la grotta sacra a Fauno Luperco dove la lupa aveva allattato e salvato Remo e Romolo.
Da questi racconti — ricostruiti grazie a Cicerone, Livio, Dionigi di Alicarnasso e Plinio il Vecchio — si ricava che ad Atto Navio — augure fedele al re-augure Romolo — veniva attribuita questa succursale del Lupercal posta tra la zona davanti alla curia Hostilia e il Tribunal del Comitium. Alla rifondazione di Roma da parte di Servio Tullio intorno alla metà del VI secolo a.c. sono attribuibili altri spostamenti degli epicentri di Roma al Comitium che hanno creato un secondo complesso delle origini composto dalla capanna di Romolo sul Campidoglio, dalla grotta di Silvano/fauno al Tullianum, dalla ficus Navia al Comitium e dal vicino mundus Cereris, interpretabile come fossa della rifondazione della città.
È possibile che in una delle suddette circostanze si sia voluto ricostruire anche quanto più mancava al Comitium: un cenotafio di Romolo dove venerare il primo re, immaginato accanto al luogo dove il fondatore era stato ucciso e smembrato dai senatori, cioè al Volcanal annesso ai Rostra. Non è un caso che Varrone associasse la tomba di Romolo proprio e soltanto ai Rostra.
Se così è, allora il puteal sul Tribunal è da associare alla fossa che conteneva l’arca (lunga 1,40 metri) e l’ara (larga 0,75 metri), complesso del VI secolo a.c. riallestito agli inizi del V secolo a.c. che Giacomo Boni ha scoperto e che la Direzione del Parco ha riscoperto nel quadro di una ricerca decennale nel Comizio, purtroppo ancora inedita.
L’arca potrebbe essere il contenitore nel quale le folgori cadute nel Comitium erano state espiate, seppellendovi i frammenti degli oggetti bruciati e i fulmini trasformati in pietre (come allora si credeva). Sull’annessa ara rotonda potrebbe essere stato sacrificato un ovino (bidental), come prescriveva il rito del fulgur conditum; inoltre sotto il medesimo altare potrebbero essere stati deposti la cote e il rasoio miracolosi. Questa interpretazione non è certa, ma pare più verosimile rispetto a quella della tomba/heroon di Romolo, avanzata in fretta, senza consultare il comitato scientifico del Parco (di cui faccio parte).
Se il vertice del Comitium e il Tribunal erano associati ai gemelli salvati, i Rostra annessi al Volcanal erano collegati da Varrone al cenotafio di Romolo e quindi alla scomparsa. Anche Roma voleva avere una sua «tomba» del fondatore, come l’avevano tante città greche. I due luoghi del Comitium, ben distinti, rappresentavano l’esordio e la conclusione della leggenda di Roma traslati nel Foro nel VI secolo a.c., per cui la leggenda di Remo e Romolo sembra risalire al VII e alla seconda metà dell’viii secolo a.c., come i Romani hanno sempre creduto, anche datando gli eventi della città ab urbe condita. Ma non mancano storici che continuano a ritenere che si tratti di una invenzione databile intorno al 300 a.c., il che a me pare implausibile.
L’arca potrebbe essere il contenitore nel quale erano stati seppelliti i fulmini caduti e trasformati in pietre come allora si credeva