Corriere della Sera

Lante della Rovere magistrato contro gli abusi sulle donne

- Stefania Ulivi

ROMA Si chiama Giuditta Doria, procurator­e capo in provincia. «Bella, autorevole, profession­ista di grande esperienza», si legge sulle note di regia. «Una donna molto contempora­nea, felice e realizzata nel proprio lavoro, risoluta, e consapevol­e del prezzo pagato per diventare ciò che è diventata», aggiunge Lucrezia Lante della Rovere che la interpreta in Bella da morire, serie tv di Andrea Molaioli con Cristiana Capotondi nei panni di Eva Cantini, ispettrice di polizia esperta di casi di femminicid­io.

Una serie crime (su Rai1 dal 15 marzo in quattro serate, prodotta da Cattleya con Raifiction,

scritta da Filippo Gravino, Flaminia Gressi, Davide Serino) che va al di là del tema di partenza — la violenza contro le donne — per regalare una galleria di personaggi in cui non è difficile riconoscer­si, continua Lucrezia Lante della Rovere. «La mia Giuditta si presenta come una persona in gamba, realizzata nel lavoro. Tiene la cyclette in ufficio perché non ha tempo di fare cose normali: fare la spesa, andare in palestra... Ha rinunciato ai figli per il suo lavoro, e, a differenza di quel che accade spesso, ha accanto un marito che l’ha sostenuta».

Si parla molto di amore in Bella da morire. «È anche un pretesto per raccontare i sentimenti e i legami. L’amore è declinato in tutte le sue manifestaz­ioni, tra coniugi, amanti, genitori, fratelli. E anche l’amore conflittua­le, quello malato, patologico che, bisogna ricordarlo in tutti i modi, amore non è».

La soluzione del caso al centro della storia, la misteriosa scomparsa di una giovane, diventa una sfida a tre. L’ispettrice, la magistrata e la dottoressa Anita Mancuso (Margherita Laterza), giovane promessa della medicina legale. «Le tre protagonis­te diventeran­no alleate, procederan­no insieme nell’ossessione di fare giustizia». Un altro stereotipo smontato dalla narrazione, il classico Eva contro Eva. «La mia Giuditta prova simpatia per Cantini, ci vede spigolosit­à, talento e carica positiva, ci si scontra con franchezza e lealtà. Forse si è riconosciu­ta. Anche lei è stata spesso accusata di essere una “rompic...” come le dice il capo».

A lei è capitato? «Ah certo, lo proviamo tutte, tutte accusate di avere un cattivo carattere, basta che ragioni, che ti fai sentire, basta che fiati. C’ è ancora molta strada da fare nei rapporti tra i due sessi».

Come tutti anche l’attrice sta vivendo questi giorni con il fiato sospeso. «Per noi che facciamo teatro e cinema lo stop è doloroso, ma abbiamo la grande fortuna di poter essere vicini al pubblico grazie a serie come questa».

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In Procura Lucrezia Lante della Rovere, 53 anni, in una scena di «Bella da morire» di Andrea Molaioli

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