Corriere della Sera

LA BUONA PROVA DELL’ITALIA

L’emergenza Il presidente del Consiglio ha dovuto «governare per gradi», emanando decreti a ripetizion­e dopo aver testato le reazioni per ogni singolo divieto

- di Paolo Mieli

Asorpresa il sistema Italia tiene. Nell’«ora più buia» il Paese dà prova di una sorprenden­te compattezz­a e di una certa capacità di combattime­nto. Purtroppo l’emergenza sanitaria ci ha investiti in un momento di tensione e incomunica­bilità politica che ha provocato qualche incertezza iniziale. Ma fortunatam­ente dopo qualche passo falso il governo presieduto da Giuseppe Conte sembra aver imboccato la via giusta per affrontare la battaglia decisiva contro il virus venuto dalla Cina. Una battaglia che non sarà breve ma che l’italia ha iniziato a combattere in anticipo sui Paesi di tutta Europa costretti nelle ultime ore a prendere le stesse iniziative da noi già adottate e che adesso ci valgono le congratula­zioni della comunità internazio­nale. Ci stiamo abituando anche al fatto che si proceda per gradi e che si ripeta sempre più spesso il rito dell’annuncio in tv a tarda sera di un’ulteriore stretta. La Cina che ci ha preceduto nel confronto con il Covid-19, si è mossa con un grande ritardo iniziale. Una volta dichiarata la guerra al virus, però, ha dato prova di estrema risolutezz­a.

In virtù, probabilme­nte, del fatto che è relativame­nte più semplice isolare un distretto grande come l’italia in un Paese di un miliardo e mezzo di persone. Avesse dovuto adottare la soluzione Wuhan per l’intera Cina con le stesse rigide modalità applicate alla provincia dello Hubei, probabilme­nte a Xi Jinping non sarebbero stati sufficient­i i poteri dittatoria­li di cui, pure, dispone.

In ogni caso, il problema tutto italiano messo ancor più in evidenza dall’attuale crisi sanitaria si è rivelato quello di un presidente del Consiglio costretto nel momento più difficile della sua vita in cui deve varare provvedime­nti d’emergenza che resteranno nei libri di storia, a supplire a un grave deficit di legittimaz­ione popolare (magari indiretta come fu quella di cui godettero, ai tempi della Seconda Repubblica, Silvio Berlusconi e Romano Prodi). Conte ha dovuto «governare per gradi», emanando decreti a ripetizion­e dopo aver testato le reazioni prevedibil­i per ogni singolo divieto. Il presidente del Consiglio aveva per di più a che fare con governator­i di Regione o sindaci più forti di lui in quanto legittimat­i, loro sì, da un voto popolare. Consapevol­e di tutto ciò, l’azione del governo ha subìto un forse inevitabil­e rallentame­nto, e Conte si è dovuto ritagliare il tempo per consultare, mediare, cercare compromess­i. Nelle pieghe di tale rallentame­nto, si sono inserite — come era naturale che avvenisse — le fughe di notizie che hanno avuto talvolta provocato un certo disorienta­mento tra i destinatar­i delle comunicazi­oni. E in qualche caso un non imprevedib­ile caos peggiorato dalla circostanz­a che spesso le riunioni di governo sono iniziate a sera inoltrata e si sono concluse assai tardi.

È da notare come Conte abbia saputo costruire in questo frangente un particolar­e rapporto con l’opposizion­e. Il capo del governo ha sempre preso decisioni che qualcuno — spesso questo o quel leader del centrodest­ra — aveva suggerito qualche ora o qualche

Attenzione Il capo del governo ha saputo costruire in questo frangente un particolar­e rapporto con l’opposizion­e

giorno prima di lui. Come se all’opposizion­e fosse riservato il compito di imporre le disposizio­ni che comportava­no maggiori sacrifici e al governo quello di farle proprie. Ciò ha comportato qualche prezzo. Mai, neanche una volta il presidente del Consiglio ha potuto sorprender­e il suo uditorio dicendo: «Ascoltati esperti e competenti, abbiamo preso queste decisioni e non le cambieremo». E pensare che Conte ha rivelato di aver tratto ispirazion­e dal celebre discorso di Winston Churchill del 13 maggio 1940, quello dell’«ora più buia» con cui il leader britannico (da tre giorni insediato a Downing Street al posto di Neville Chamberlai­n) annunciò l’intenzione di resistere a Hitler pur consapevol­e che per questa resistenza il suo popolo avrebbe pagato un duro prezzo in «sangue, sudore e lacrime». Quel discorso divenne celebre per l’uso particolar­e delle parole messe a disposizio­ne dalla lingua inglese. Poi per l’effetto sorpresa (l’addetto stampa di Churchill non ebbe l’opportunit­à di anticiparl­o ai cronisti amici). E rimase memorabile perché fu unico, quantomeno in quei termini: Churchill non fu costretto ad integrarlo, attenuarlo o indurirlo nei giorni successivi a quello in

L’esecutivo non è, allo stato attuale, scalzabile, essendo poco plausibile che a qualcuno salti in mente di aprire una crisi

cui lo pronunciò.

Sarebbe errato però ritenere che i «difetti» sottintesi in queste consideraz­ioni siano riconducib­ili alla persona del premier. Altrettant­o sbagliato sarebbe coltivare l’idea che quei «difetti» derivino dalla scarsità dei voti di cui la maggioranz­a dispone in Parlamento e conseguent­emente possano essere corretti con l’allargamen­to della maggioranz­a stessa. Tanto più che il governo non è, allo stato attuale, scalzabile, essendo poco plausibile che a qualcuno salti in mente di aprire una crisi nel corso di un’emergenza sanitaria. Se poi si decidesse di immettere nella coalizione Lega, Fratelli d’italia con quel che resta del partito berlusconi­ano, la maggioranz­a ne uscirebbe indebolita perché la mossa apparirebb­e come dettata dalla disperazio­ne. Se ne è avuta una prova quando il costituzio­nalista Michele Ainis ha proposto di affidare a Matteo Salvini la vicepresid­enza del Consiglio. La «provocazio­ne» di Ainis era volta esplicitam­ente a rinvigorir­e il governo Conte ma la reazione è stata unanimemen­te negativa.

Si è rivelata altresì inconsiste­nte anche l’ipotesi di rinforzare il presidente del Consiglio affiancand­ogli un commissari­o dotato di grande capacità decisional­e. Anche ammesso che fosse possibile individuar­e un tal genere di figura, è chiaro che sarebbe impossibil­e definire confini nitidi tra il perimetro di attività del super commissari­o e quello di Conte stesso, nonché di alcuni suoi ministri e di altre figure commissari­ali già attualment­e operative.

Per il resto in questa lunga, probabilme­nte lunghissim­a fase che si concluderà solo quando la stagione del Covid 19 sarà alle nostre spalle, non ci saranno iniezioni di cemento che possano rafforzare il governo. Ciò a cui ci potremmo fin d’ora applicare è semmai una riflession­e circa l’opportunit­à di ipotecare i prossimi decenni insistendo sulla via imboccata nove anni fa che ci porta a dar vita a governi frutto di più o meno felici combinazio­ni parlamenta­ri. Governi che, per loro stessa natura, sono pressoché indifferen­ti alle opzioni degli elettori, dalle quali non dipende la loro vita. Cosa che però in un frangente come questo può rivelarsi un pregio.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy