Quei rischi nascosti dietro le fibrillazioni di Borsa
Il Copasir chiede a Consob i dati sugli scambi
Tutte le istituzioni italiane sono state colte di sorpresa dalle parole destabilizzanti di Lagarde, ma nessuna ha creduto si trattasse di una gaffe.
C’è un motivo quindi se ieri i rappresentanti del Copasir, all’unisono, hanno chiesto l’intervento della Consob per verificare «eventuali atti speculativi in connessione con le dichiarazioni rese dalla presidente della Bce» che giovedì hanno provocato il crollo delle Borse. L’unità d’intenti e di vedute tra maggioranza e opposizione ha come obiettivo la salvaguardia dell’interesse nazionale e la vigilanza sugli asset strategici del Paese, che sono esposti in questa fase emergenziale. Perciò è solo all’apparenza singolare che sia stato il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica a intervenire, dopo aver consultato i servizi. «Anche loro — rivela uno dei membri del Copasir — sono rimasti sbalorditi dalle esternazioni di Lagarde. Ci hanno riferito che non ce n’era sentore».
Il problema è chiaro, come sono chiare le parole del leghista Volpi che si sovrappongo a quelle dei democratici Borghi e Miceli e di Urso di FDI: «Il Copasir non intende entrare nelle logiche di mercato. Tuttavia il nostro patrimonio industriale, tecnologico e scientifico deve mantenere la testa nel Paese». L’interrogativo è dove sia finito «un quarto delle azioni» delle blue chips, che nel giro di poche ore tra giovedì e venerdì hanno oscillato paurosamente in Borsa. Il Comitato parlamentare tenterà di capirlo, per la parte che gli compete, attraverso una «indagine conoscitiva sui rischi di scalate estere in Italia»: dopo la Consob, ci sarà anche un’audizione con i vertici di Bankitalia. Perché — come dice un autorevole ministro — «se qualcuno dall’estero pensa di sfruttare questa situazione per fare lo shopping dei nostri “gioielli di famiglia”, come accadde nel 1992 e nel 2010, ha sbagliato bersaglio».
Sotto i riflettori del Copasir sono le società dei settori bancario-assicurativi, delle telecomunicazioni, dell’energia e della difesa. Così come sotto osservazione sono le reazioni di altre Borse rispetto a quella italiana, che ieri ha vietato le vendite allo scoperto di 85 aziende, compresi asset strategici e marchi storici nazionali: sarà un caso ma in Spagna e nel Regno Unito si sono uniformati alla decisione della Consob, in Francia e Germania no. «E la fotografia della presenza economica straniera in Italia — racconta un membro del Comitato — fa capire quali siano gli interessi. Basta solo scorrere l’elenco...».
L’unità nazionale ai tempi del Coronavirus si era già manifestata in Parlamento questa settimana sullo scostamento del bilancio, con il voto congiunto maggioranza-opposizione su un’unica risoluzione: «Un evento storico», aveva sottolineato Urso nell’aula del Senato. Se quella linea si ripropone ora al Copasir, è perché c’è «un legittimo sospetto»: un conto è il gioco speculativo, altra cosa sono operazioni ostili per acquisire il controllo di società d’interesse nazionale approfittando della crisi. Gli esempi peraltro non mancherebbero. Al Comitato parlamentare circola un documento ancora da approfondire sulla Borsa di Shanghai, dove — dopo l’esplosione del coronavirus a Wuhan — c’era stato il crollo del mercato azionario: in quel frangente imprese internazionali ad alta tecnologia, che producono in Cina, sarebbero state acquisite a basso prezzo da aziende statali di Pechino.
È la globalizzazione, bellezza. Allora non è un caso se ieri tutti i rappresentanti del Copasir hanno rivolto un plauso al presidente della Repubblica: il suo messaggio è stato considerato tanto «inusuale» quanto «necessario» per fare argine a difesa del Paese. Perché le dichiarazioni di Lagarde avranno colto di sorpresa le istituzioni italiane, ma nessuna ha creduto nella gaffe.