Corriere della Sera

Cronache dal balcone

- di Massimo Gramellini

Che cosa avrei pensato del mio dirimpetta­io fino alla settimana scorsa, se si fosse affacciato in vestaglia alla ringhiera del suo terrazzino per cantare «All’alba vincerò», stonandola maledettam­ente? Lo ha appena fatto, e io ho persino aperto la finestra per applaudirl­o, ma lui mi ha spiegato che gli applausi a medici e infermieri sono previsti per domani (cioè oggi). Il richiamo corre sulla Rete, con le stesse modalità che in autunno (cioè un secolo fa) propiziaro­no gli assembrame­nti di sardine, quando stiparsi in piazza non era ancora reato.

Ma, se tenere isolato un italiano è possibile, tenerlo zitto no. Così è esplosa l’orgia canterina delle ringhiere, ultimo affaccio sul mondo. Ci stiamo riappropri­ando dei balconi. Evocarli, finora, faceva pensare al Mussolini di piazza Venezia, tuttalpiù a Di Maio che si sporge da quello di Palazzo Chigi per annunciare l’abolizione della povertà. Ma da qualche giorno il balcone è diventato l’unico modo per comunicare con gli altri corpi e presto potrebbe trasformar­si nel palcosceni­co di uno sterminato villaggio turistico, con karaoke di massa scanditi da Fiorello via Whatsapp. Le scelte musicali privilegia­no le canzoni in dialetto e l’inno di Mameli. C’è un rigurgito di patriottis­mo come non si vedeva dai Mondiali del 2006. Per dire: da un paio di minuti il tenore mio dirimpetta­io ha cominciato a lamentarsi della Bce e intanto accarezza un vaso di gerani. Se Christine Lagarde dovesse passare qui sotto, declino ogni responsabi­lità.

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