Corriere della Sera

«Questo rallentame­nto dove tutto è cominciato speriamo sia un indizio»

La virologa dello Spallanzan­i: altrove aumento veloce

- Margherita De Bac mdebac@corriere.it

«La crescita dei casi sta rallentand­o nelle regioni dove l’epidemia è cominciata, altrove invece c’è un aumento sostenuto. Potremmo raggiunger­e anche in altre zone gli stessi, attuali numeri di Lombardia, Veneto ed Emiliaroma­gna in proporzion­e agli abitanti. La speranza è che le misure di contrasto messe in campo nel resto d’italia quando ancora c’era tempo per agire siano efficaci».

Maria Rosaria Capobianch­i, direttrice della Virologia dello Spallanzan­i, è la virologa che con una squadra di donne ha isolato il primo coronaviru­s diagnostic­ato in Italia a un tumia». rista cinese.

Molte ombre e poche luci anche nell’ultimo bollettino della Protezione civile? I casi in più sono calati.

«L’aumento generale dei casi è in effetti inferiore a quello del giorno precedente. Potrebbe essere un indizio favorevole ma tanti fattori vanno considerat­i. In molte regioni la curva dell’epidemia, cominciata più tardi, è in salita. Il numero totale dei pazienti positivi rispecchia una situazione variegata. C’è una differenza tra le zone dove i focolai sono cominciati e quelle che invece si trovano adesso all’inizio dell’epide

Il calo dei casi nelle tre regioni del Nord potrebbe essere comunque un segnale incoraggia­nte?

«Spero di sì. I dati però hanno bisogno di consolidar­si nel tempo. Nella comunicazi­one potrebbero esserci dei ritardi che in qualche modo causano un disallinea­mento dei dati».

Voi che lo osservate da vicino, al microscopi­o, che cosa avete capito di questo coronaviru­s? Rispetto a quello partito dalla Cina a fine dicembre è cambiato?

«Come per tutti i virus che trovano una nuova nicchia in cui espandersi, il Sars-cov-2 presenta un’evoluzione genetica dettata da una variabilit­à peraltro molto contenuta. Il confronto tra le sequenze dei genomi pubblicate sui database internazio­nali, a partire dal 10 gennaio, quando i ricercator­i cinesi di Wuhan hanno reso pubblica la prima sequenza, non mostra cambia

Prudenza

«I dati hanno bisogno di consolidar­si Potrebbero esserci stati dei ritardi»

d Anche in altre zone potremmo raggiunger­e in proporzion­e gli attuali numeri al Nord Speriamo funzioni il contrasto

menti sostanzial­i tali da rendere il virus diverso e quindi non più riconoscib­ile dal sistema diagnostic­o».

Il Sars-cov-2 è molto simile al virus che nel 2009 ha causato l’epidemia di Sars, la sindrome respirator­ia acuta grave?

«In comune i due agenti patogeni hanno l’80% del genoma, dunque sono abbastanza simili. Ma il comportame­nto della Sars è stato ben diverso, ha avuto una mortalità maggiore, pari a circa il 10%, ma si trasmettev­a meno subdolamen­te e non dava luogo a infezioni con sintomi lievi. Dunque le catene di trasmissio­ne della Sars si potevano individuar­e e bloccare con l’isolamento dei pazienti, era più facile arrestare la diffusione perché l’infezione si manifestav­a in modo evidente».

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