Brescia, 4 mila in quarantena «Sorpresi da tanti contagi»
Le due province messe a dura prova dal virus: ospedali al collasso e decessi sempre in crescita La sciatrice: «Ora penso al nonno della mia amica»
L’allarme
● Brescia è attualmente la seconda provincia per contagiati dopo Bergamo e il trend preoccupa i sanitari
BRESCIA «Brescia ci preoccupa». L’ha detto nei giorni scorsi l’assessore regionale Giulio Gallera, riferendosi a un’escalation di contagi e decessi che hanno reso questa provincia la seconda in Italia, dopo Bergamo, per nuovi casi di positività al coronavirus: crescono in media di 250 al giorno, per quasi 200 pazienti che non ce l’hanno fatta in poco più di una settimana. In quarantena ci sono quasi quattromila bresciani. E in una provincia semideserta, nota per il suo tessuto economico e industriale, quasi metà delle fabbriche ha deciso volontariamente di chiudere, compresa Beretta o colossi siderurgici come Alfa Acciai e Feralpi, che da lunedì non riaprirà. In quelle imprese che ancora lavorano, invece, non mancano tensioni e scioperi dei dipendenti che non si sentono sufficientemente tutelati, allo slogan di «prima la salute». Qui si muore in fretta, da soli e in tanti. In un momento in cui anche condividere il lutto con un abbraccio è vietato, l’obitorio degli Spedali Civili è saturo: le salme le hanno sistemate anche nella cappella. E il forno crematorio brucia ininterrottamente dalle quattro del mattino all’una di notte.
Anche gli ospedali sono quasi al collasso: sia al Civile che in Poliambulanza si stanno riconvertendo interi reparti. Persino le lavanderie. E dal primo ospedale cittadino arrivano segnali di speranza, perché è qui (così come a Napoli) che si sta testando un farmaco sperimentale, il Tolicizumab:
sarà messo a disposizione gratuitamente dalla Roche. Sembra rallenti l’avanzata dell’infezione.
Per far fronte all’emergenza sono stati ricavati letti nelle cliniche e in casa di riposo. Ma non basta. Per questo le istituzioni, a partire dal prefetto, Attilio Visconti (positivo al coronavirus) hanno deciso di allestire un ospedale da campo nella Fiera di Brescia: duecento posti per pazienti con sintomi lievi. Si è chiesto aiuto all’esercito e ai suoi medici militari, oltre che alla Croce Rossa: la Regione, inizialmente fredda su questa ipotesi «tecnicamente troppo difficile da attuare in pochi giorni», sta rivalutando la fattibilità della struttura. Molte le imprese bresciane che si sono dette disponibili a contribuire alla sua realizzazione.
Gabriele Tomasoni è il primario di prima Rianimazione al Civile. Le giornate per lui iniziano alle 6 e finiscono alle 22: nel suo reparto in serata ci sono 20 pazienti positivi, 41 in tutto intubati nei Covid 1,2 e 3, vale a dire le terapie intensive riformulate per l’emergenza. Altre 400 persone, nello stesso ospedale, hanno bisogno di ventilazione non invasiva. «Non ci aspettavamo un flusso così importante di casi in pochissimo tempo, non così», dice. Gli chiediamo come riescano a farcela: «Con enorme spirito di abnegazione e la generosità di tutti i colleghi e degli infermieri che, insufficienti, sono coloro che soffrono di più, che rinunciano ai turni di riposo e affrontano un lavoro fisicamente più faticoso». Fuori dall’area rossa ci si concede un caffè e si mangia qualcosa. I bresciani qui fanno recapitare di tutto: pizze, dolci, cibo. Per ringraziare i loro angeli con il camice. La gente mette rose gialle sulle auto dei sanitari e appende striscioni alla cancellata. «L’ha fatto anche mia nipote, ha 4 anni. Dice che sono il suo eroe», si emoziona il primario. «Gli eroi sono i miei collaboratori. E ci sentiamo, finalmente, rispettati e riconosciuti. Spero sarà così anche quando tutto finirà».
Sono passati venti giorni dalla scoperta del «paziente 1» nel Bresciano: 51 anni, educatore al centro disabili di Pontevico, aveva avuto contatti nel Lodigiano. È finito in quarantena come i 35 giovani che abbracciava quotidianamente: ora sta meglio. Ma l’altro ieri, a Manerbio, è morto Stefano, uno dei «suoi» ragazzi: aveva solo 38 anni, ed è il paziente più giovane d’italia ad aver perso la battaglia contro il coronavirus.
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