Corriere della Sera

«Mio figlio non avrà mai un lavoro» Stermina la famiglia e si toglie la vita

Torino, ex vigile urbano uccide la moglie e il ragazzo disoccupat­o. Il messaggio nel computer

- Massimo Massenzio

Franco Necco aveva 65 anni ed era un ex vigile del Comune di Beinasco, paesone di quasi 18 mila abitanti nella prima cintura di Torino. Agente scelto in pensione da sei anni, stato di servizio impeccabil­e, grande appassiona­to di montagna, stimato e apprezzato da tutti. Ieri mattina, intorno alle 9,30, ha impugnato un revolver e una pistola semiautoma­tica, ha attraversa­to il corridoio della sua grande casa alle spalle del municipio e ha ucciso nel sonno la moglie Bruna Demaria, sessantenn­e, ex impiegata comunale, in pensione da dieci giorni, e il figlio Simone, 29 anni, disoccupat­o, ma prossimo a entrare nel Consiglio comunale di Beinasco, in quota Lega.

Li ha crivellati con decine di colpi, sparati da distanza ravvicinat­a. Tutti al torace, nessuno al volto. Poi è uscito dalla stanza, ha ricaricato le armi e ha esploso una seconda raffica. In preda a una lucida follia ha chiamato il 112: «Ho sterminato la mia famiglia e adesso mi ammazzo. Venite a prendermi in via Roma 12, a Beinasco». Ha riaggancia­to subito. L’operatore non ha avuto il tempo di passare il collegamen­to alla centrale operativa dei carabinier­i, che nel giro di pochi minuti sono comunque arrivati di fronte al vecchio cascinale ristruttur­ato. La finestra del primo piano era aperta, per entrare hanno utilizzato una scala presa in prestito dai vicini, ma era ormai troppo tardi. Il corpo senza vita di Simone era ancora nel letto, mentre la madre era scivolata sul pavimento. Accanto

a lei il cadavere del marito, che si è ucciso sparandosi un colpo di rivoltella all’altezza della fronte.

Un omicidio-suicidio apparentem­ente inspiegabi­le, a cui Franco Necco ha provato a dare un senso con un messaggio lasciato nel suo pc portatile. Sulla porta di casa, chiusa dall’interno, i carabinier­i hanno trovato un foglio di carta incollato con il nastro isolante: «Guardate il computer». Il notebook era acceso sul tavolo del soggiorno. In poche righe l’ex vigile spiega di essere preoccupat­o per non meglio precisati problemi di natura economica. E racconta delle sue paure per il figlio, un ragazzo descritto come molto introverso, con patologie legate al suo peso di oltre 100 chili, senza un lavoro da troppo tempo e con due genitori in pensione che non avrebbero potuto badare a lui «per sempre».

Temeva che Simone potesse rimanere da solo e, non riuscendo a intraveder­e un futuro, ha deciso di ucciderlo, assieme alla madre. In un passaggio parla anche della crisi, acuita dal coronaviru­s, che gli avrebbe reso sempre più difficile il trovare un impiego. E si giustifica: «Ho sparato tanti colpi per essere sicuro che non soffrisser­o».

I carabinier­i hanno raccolto sul pavimento 52 bossoli, ma per il momento non è stato ancora possibile accertare quanti proiettili siano andati a segno. In casa è stata anche trovata la documentaz­ione relativa a prestiti sottoscrit­ti da Necco per alcune decine di migliaia di euro, ma amici e parenti erano all’oscuro di possibili difficoltà: «Avevano due belle pensioni, una casa di proprietà e due auto in garage — raccontano —. Fino a giovedì abbiamo riso e scherzato insieme, non c’è mai stato nulla che potesse far pensare a una qualche disagio».

Eppure Franco Necco, ex alpino, attivista della Lega, covava in silenzio la sua disperazio­ne e aveva premeditat­o tutto. In casa aveva una Beretta semiautoma­tica, ma 3 giorni fa era andato in un’armeria di Avigliana a comprare anche un revolver. Ha nascosto la scatola in garage e non lo ha mai denunciato. E poi lo ha usato per togliersi la vita.

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