Damir e la femminilità di un abito in jersey
Lo stilista croato Doma e l’avventura con Frankie Morello
Lei ha scoperto la femminilità di un abito in jersey. Lui si è innamorato della camicia bianca con 4 tasche a soffietto portata fuori dai pantaloni. Per i primi venti di primavera c’è la giacchetta in nylon cangiante con le tasche patch (removibili con l’hashtag Soul searchers, ricercatori d’anime), filo rosso anche sui jeans. «Forte, urbana, sensuale ironica»: Damir Doma, stilista croato 38enne cresciuto nel sud della Germania, riassume la nuova Frankie Morello Milano.
Ha voluto aggiungere al brand il nome della città della Madonnina dove da cinque anni ha scelto di vivere con la moglie e il figlio. «Ho affrontato questo progetto con tanta energia già dalla collezione della primavera estate 2020, creata in due mesi. Ho ripensato il logo e anche l’allestimento della boutique milanese che esalta il difetto e sembra incompiuto. Ho cominciato a sperimentale in modo pragmatico, mixando pezzi e tessuti. Volevo che le persone apparissero moderne».
La sfilata autunno inverno 2020/21 completa la visione. Mostra il monogramma creato con il nuovo scarabeo impunturato anche sulle borse con filo fluorescente. Il pantalone in vinile prugna ha la vita tagliata a cuore percorsa da una zip a vista, i vestiti in tessuto rete hanno fiori pixellati. Gli unici capi unisex sono quelli in denim. «Non credo nel genderless — afferma Doma —. È strano perché quando ho cominciato 13 anni fa la mia collezione donna era ispirata all’uomo. Oggi voglio lavorare sull’attitudine maschile al femminile o viceversa, ma non mi va che tutto sia uguale. La cosa interessante è che il marchio Frankie Morello Milano non deve essere cerebrale, pensato. Lo immagino leggero, dinamico, energetico, una sorta di laboratorio di menti aperti e rilassate».
Come Damir Doma però lei
Stilisti italiani «All’inizio li ritenevo non molto interessanti: oggi i migliori stimoli li trovo qui»
sfila con il suo brand minimalista: come ci si sdoppia? «Ho sentito la responsabilità di rilanciare Frankie Morello — acquisito nel 2016 dal Gruppo Ludoil —, che aveva un po’ smarrito la sua identità. La considero un’opportunità per mostrare che posso staccarmi dallo mio stile quasi monocolore, ispirato agli Anni ‘90 di Raf Simons, ma più caldo, per creare qualcosa di diverso, un mix and match con tanti accenti. Sono partito cercando di capire chi può essere il cliente. Quindi, ho trovato il mio feeling che include la sensualità, perché Frankie Morello Milano produce anche la linea femminile e la donna vuole essere sexy, termine che per me significa attitude. I vestiti sono solo una conseguenza di questo atteggiamento: sei indipendente e sicura di te anche nel decidere che cosa indossare». La minigonna è il capo con il quale il designer ridisegna la silhouette. «Dopo tanto oversize è un nuovo punto di inizio, ma negli Anni ‘70 era provocazione mentre oggi è libertà, disinvoltura. La sensualità non dipende da un orlo, ma da come ti muovi o parli». Fare il designer è stato naturale. «Sono cresciuto nell’atelier di moda di mia madre, anche mia sorella è designer, di gioielli. All’inizio ritenevo gli stilisti italiani non troppo interessanti, oggi al contrario trovo qui i migliori stimoli. A Milano ci sono lo stile di vita, la cultura, l’arte».