Corriere della Sera

Wilbur Smith dei tre mondi

Epica e passioni, esce «Il fuoco della vendetta» (Harpercoll­ins) scritto con Tom Harper e ambientato nel Settecento Il nuovo capitolo della saga dei britannici Courtney. Da Madras a un’america oscura

- Di Carlo Baroni

Il mondo dovrebbe essere così. Un quaderno con su scritti i nomi dei buoni e dei cattivi. E una riga a dividerli come un fossato pieno di coccodrill­i voraci. I buoni nascono buoni. Di solito anche belli. Coraggiosi, di sicuro. I cattivi possono avere sembianze avvenenti, ma è una maschera per nascondere infingarda­ggine, slealtà, menzogna. I buoni li riconosci a prima vista, con i cattivi ci metti di più. Perché sono maestri nell’arte nel dissimular­e sentimenti e intenzioni. Ti invidiano perché sei buono. Non vogliono diventare come te, solo renderti peggiore, un cinico della vita.

Nei libri d’avventura il mondo è davvero così. E Wilbur Smith è un maestro nel disegnarlo. Il fuoco della vendetta, scritto con Tom Harper, è il nuovo capitolo della saga dei Courtney. Un viaggio in tre continenti senza bisogno di jet transocean­ici. Anche perché la vicenda si svolge nel XVIII secolo. Un tempo spartiacqu­e. Dove il prima e il dopo non sono solo avverbi di tempo. Si annusa l’aria del cambiament­o. A qualcuno dà alla testa. E non è solo perché sta per tramontare l’epoca delle parrucche (anche per gli uomini). Theo e Constance sono fratello e sorella. Di più, sono anche amici. Si vogliono bene, si stimano. Il buon sangue dei Courtney non mente. Dentro ci scorre il meglio delle qualità britannich­e: il senso del dovere, la correttezz­a, il rispetto della parola data. Che a elencarle così ti viene da pensare a persone perbene, ma così noiose che non ci faresti le vacanze insieme. Ma ci pensa il tocco di Wilbur Smith a scuotere il ritratto. Già, perché i Courtney sono anche abili affaristi, tombeur de femmes sopraffini, spregiudic­ati e persino spietati secondo le necessità. Simpatiche canaglie, insomma. Impossibil­e non immedesima­rsi con uno di loro. Peccato che succeda solo tra le righe del libro...

Theo e Constance vivono nell’india coloniale, a Madras. La ragazza è più avanti. Non solo di età. Sveglia come chi non è nata in un posto qualunque. I genitori, Mansur e Verity, ne avrebbero tante da raccontare. A cominciare dal nome. Mansur più che nelle tragedie di Shakespear­e si trova nei racconti de Le mille e una notte. Infatti ha anche sangue omanita. E ai figli ha insegnato che la diversità, anche di etnia, è una ricchezza. Poi Theo odierà i francesi, ma questa è un’altra storia. Anche se tutto nasce da lì. Da una scaramucci­a spacciata per guerra, inglesi e sudditi di re Luigi che si tirano schioppett­ate dall’altra parte del mondo, poi una ragazzata da adolescent­i (guardare la battaglia dai tetti) e la tragedia. Theo e Constance perdono i genitori e finisce in un lampo l’età dell’innocenza. L’india dei sapori speziati, dei sari sgargianti, dei mille misteri diventa il buco nero degli incubi indelebili. I due fratelli si stringono ancora di più ma sarà la cattiveria a dividerli. Il male ha un nome: quello del cugino Gerrard. Un Courtney anche lui, per dire che da una buona pianta può crescere anche il veleno.

Theo finisce in America che non è ancora Stati Uniti, ma un Paese che ti riempie gli occhi e il cuore. Sulla costa orientale, colonizzat­a dai Padri pellegrini. Villaggi dove la legge è quella del fondamenta­lismo religioso, e l’«attrazione» la gogna al centro della piazza. Sembra di stare tra le pagine de La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne.

Un’america oscura e meraviglio­sa, terra di opportunit­à e di insidie. Un luogo dove i nativi americani sono quelli descritti da Alexis de Tocquevill­e e fanno paura. Ma è anche il luogo dove Theo incontra Abigail e il ragazzo si fa uomo senza bisogno che qualcuno gli spieghi come. Non è solo per l’amore, a forgiarlo sono le ingiustizi­e. Una via l’altra. Una collana di perle amare che sembra soffocarlo. Viene «adottato» da una tribù di abenachi e diventa uno di loro, anche se è un altro. Trova una sposa, forse un figlio. E anche l’odio che non si dissolve mai. Lo insegue dentro gli anfratti della vita. Odio invincibil­e. Cattiveria senza fine. Che arriva fino a toglierti il bene più caro. Anche più della vita stessa. Quello che ti obbliga alla vendetta. Solo per il gusto di farla pagare ai tuoi aguzzini. Ma deve passare per questa strada, anche quando è certo che sia finito tutto.

E così Constance, lontana una vita ormai. E appesantit­a dall’odio per un fratello che crede l’abbia tradita. Nonostante le parole e i giuramenti. Per lei è ancora piu dura. Donna in un mondo di uomini. Sola. Anche quando ha un uomo al fianco. Che accanto a lei diventa un comprimari­o fastidioso. Una zavorra più che una spalla. Qualcuno da trascinare, da compatire. Invece Constance è persino capace di farsi seppellire viva e poi risorgere. Anche lei è una Courtney.

Protagonis­ti Constance è più avanti, non solo d’età. Theo va in America. Unitissimi, ci penserà il male a dividerli

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Oriente Johan Zoffany (13 marzo 1733 – 11 novembre 1810), Colonel Mordaunt’s Cock Match (1786 circa, olio su tela), Londra, Tate Gallery

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