Può ripartire a Baku
La Ferrari per lo stop, Mercedes per correre Poi l’intervento di Stoccarda. Il tema rimborsi
La F1 corre. A casa. Dopo un confuso itinerario che ha portato alla cancellazione del Gp australiano, seguito dalla decisione di posticipare le prossime due gare, Bahrein e Vietnam. Il calendario è da riformulare. L’ipotesi più realistica parla di una prima tappa a Baku, il 7 giugno, con il rinvio del Gp d’olanda (3 maggio) e i probabili annullamenti dei Gp di Spagna (10 maggio) e Montecarlo (24 maggio), anche se la Fia auspica un ritorno in pista proprio nel Principato con l’ipotesi di recuperare qualche data in agosto e a fine stagione, spostando l’ultimo appuntamento, quello di Abu Dhabi, sotto Natale: 13 dicembre. Tutto dipenderà dalle condizioni dettate dal coronavirus in Europa, un fronte che complica ogni programmazione, figuriamoci quella di una F1 governata da una imbarazzante miopia. Con la speranza che nessuno, tra i reduci di Melbourne, risulti positivo nei prossimi giorni.
Nel paddock australiano sono rimasti i cocci di una ennesima disputa durante la quale il tema «salute pubblica» è comparso poco e male. La Ferrari è stata la prima a chiamarsi fuori dopo il ritiro della Mclaren dovuto alla positività di una dipendente. Una scelta decisa per la tutela dei propri uomini, condivisa da Alfa Romeo e Renault. Non da Red Bull, Alpha Tauri e Racing Point, e all’inizio, anche da Mercedes (Haas e Williams astenute), pronte a correre per vincere. Un atteggiamento incomprensibile proprio sul fronte della tutela delle persone coinvolte, che ha impedito alla Federazione di chiedere lo stop visto che l’accordo con gli organizzatori team favorevoli a cancellare il Gp d’australia dopo il ritiro della Mclaren: Ferrari,
Alfa e Renault. Astenute Haas e Williams, contrari inizialmente gli altri prevedeva un minimo di 12 vetture in pista per andare avanti. Il tutto in assenza di indicazioni dagli istituti di sanità australiani e dunque di uno stop da parte dei gestori del Gp. Il tema riguarda l’«assunzione di responsabilità», è connesso ai rimborsi assicurativi. Denari importanti soprattutto per i piccoli team (il che spiega l’astensione di Williams e Haas).
Vettel e Raikkonen erano già all’aeroporto, mentre Ross Brawn, per Liberty Media, sembrava disposto a procedere con le prime prove. Proprio lui che aveva assicurato la sospensione in caso di assenza di un solo team. Liberty Media del resto aveva chiesto agli organizzatori un cachet di 55 milioni di dollari per il Gp, una cifra rilevante anche considerando il crollo in borsa delle azioni F1.
È in questo caos che Toto Wolff avrebbe ricevuto una telefonata dal vertice Mercedes. Più incisiva delle esternazioni di Hamilton, assai critico verso lo svolgimento della corsa. L’improvvisa rinuncia Mercedes — «Per la sicurezza dei dipendenti e per solidarietà con la Mclaren» — ha cambiato i rapporti di forza e la Fia ha così potuto comunicare ufficialmente la rinuncia alla gara mentre migliaia di spettatori erano diretti verso le tribune senza aver ricevuto alcun avviso. Insomma un festival di brutte figure; una trasferta che peserà sui bilanci e sulla credibilità di molti protagonisti. Le squadre stanno tornando faticosamente verso le proprie sedi. Avranno molto tempo per cercare di tenere viva la passione di chi guarda. Se possibile evitando di litigare.