Rinviato il Giro, tornerà per rilanciare l’orgoglio nazionale
Bellino: «Ora lasciamo spazio a chi lotta per debellare il virus». L’edizione 1946 partì il 15 giugno
Lambiccare sul destino del più importante evento sportivo nazionale non sarebbe rispettoso verso un Paese in grave difficoltà: per questo ieri il Giro d’italia ha sospeso la sua partenza da Budapest (prevista il 9 maggio) rinviando ogni decisione sulla nuova data a dopo il 3 aprile. Con una certezza: la 103ª edizione della corsa rosa si farà e si farà quest’anno per essere — come spesso in passato — filo conduttore di rinascita e orgoglio nazionale dopo mesi difficilissimi. «Lo spostamento era nell’aria — spiega Paolo Bellino, amministratore delegato di Rcs Sport — e andava comunicato tempestivamente: lo stato di emergenza dichiarato dal governo ungherese è il momento giusto. La nostra corsa rappresenta tutta l’italia e andrà avanti col consenso e l’entusiasmo di governo, enti locali e istituzioni sportive. Certi di potercela fare, ora lasciamo spazio a chi lotta per debellare il virus».
Nel suo disegno, dopo la tre giorni ungherese, il Giro 103 prevede uno sbarco in Sicilia con tre tappe di enorme suggestione (Monreale, la Valle dei Templi, l’etna, i Nebrodi) la risalita delle penisola sul fronte adriatico e poi una sventagliata alpina da oriente a occidente. Con una storia cominciata il 13 maggio 1909, la corsa rosa è stata fermata solo dalla Prima guerra mondiale (dal 1915 al 1918) e dalla Seconda, dal 1941 al 1945. Una partenza «tardiva» non sarebbe una novità per una prova che solo nei tempi moderni si è collocata a inizio di maggio per distanziarsi dal Tour in un calendario affollatissimo. Nella celeberrima edizione post bellica del 1946 (Bartali sconfisse Coppi per 47” dopo una sfida epica ) il via da Milano venne dato il 15 giugno, l’arrivo nel capoluogo lombardo fu festeggiato il 7 luglio. Una collocazione più estiva consente di affrontare con maggior sicurezza di percorribilità le grandi montagne previste, dallo Stelvio, all’agnello all’izoard.
La ricollocazione dovrà tenere conto delle prove sospese e rimandate ma una priorità già indicata da David Lappartient, presidente dell’uci, l’unione Ciclistica Internazionale: «La cancellazione del Giro d’italia sarebbe un disastro. Il tempo può e deve rallentare il virus e giocare a favore della corsa rosa».
Ieri intanto la Parigi-nizza ha continuato la sua surreale marcia verso il traguardo. Con due squadre e tanti corridori che hanno dato forfait per paura di contagi (Bahrain in partenza, Israel Start-up all’arrivo, 24 i ritiri) e con la cancellazione della tappa di domani a Nizza, oggi il tedesco Schachmann dovrà difendere 36” di vantaggio sul belga Benoot che ha vinto ad Apt dopo una bella azione solitaria. Risalito al sesto posto, Vincenzo Nibali è a 17” dal podio che si giocherà sulla salita finale di Valdeblore.
Lappartient
Il presidente dell’uci: «Il tempo può rallentare il contagio e giocare a favore della corsa»
calendario, ma senza pubblico.
Il danno economico
Circuiti deserti, arene chiuse, e gli occhi solitari della nazione, quelli che Simon & Garfunkel cantavano in Mrs. Robinson, sono rimasti senza neanche un campione a cui affidare le proprie speranze, senza una schiacciata che possa per un attimo far dimenticare l’emergenza né un fuoricampo che allontani la paura giusto il tempo di seguire la corsa di una pallina fuori dal diamante. Anche perché, quando si fermano organizzazioni miliardarie come le leghe sportive, che come scrive il New York Times hanno un ruolo quasi religioso nella società americana, il messaggio che arriva al Paese è ben più forte degli appelli alla calma del presidente Trump, che fino allo sciagurato discorso del 12 marzo aveva minimizzato i rischi. È il segnale che l’emergenza è davvero grave. Le conseguenze economiche potrebbero essere enormi, con i dirigenti dell’nba che hanno parlato di perdite per centinaia di milioni di dollari: «È ancora presto per avere numeri esatti», ha spiegato al Guardian David Carter, professore della University of Southern California, per il quale gli effetti varieranno a seconda dei campionati e dei mercati.
«È una crisi sanitaria e finanziaria, in vita mia non credo di aver mai assistito a niente
Ruolo religioso
Stop alle organizzazioni miliardarie che hanno quasi un ruolo religioso negli Stati Uniti
del genere», ha dichiarato al quotidiano newyorkese Fay Vincent, ex commissioner del baseball dal 1989 al 1992, nato tre anni prima della Seconda Guerra Mondiale. Persino durante quel conflitto, ha spiegato, i campionati non si erano fermati, mantenendo un ruolo sociale importante in un periodo di ansia e preoccupazione pubblica. Stavolta però è diverso: in un momento in cui ai cittadini viene chiesto di evitare i contatti ravvicinati, lo sport non poteva che fermarsi, per dare l’esempio e salvaguardare la salute di atleti e tifosi.
In questo caso, forse, ha svolto un ruolo diverso rispetto alla Seconda Guerra Mondiale: quello di aprire gli di occhi di un Paese che ancora non aveva realizzato la gravità di questa crisi.