Federico, la sindrome di Down, #andràtuttobene
Anche stavolta faccio a botte con Dio
Generalmente non sono ansiosa. Sono certa che in ogni cosa che accade ci sia un disegno buono, che a volte non vedo, ma che da ogni circostanza, anche la più dolorosa, si possa trarre del buono. Spesso ho fatto a botte con Dio, ma ha sempre avuto ragione Lui. Così anche in questa circostanza vivo, cerco di non mettere in ansia chi mi sta intorno. Certo, disinfetto il bagno con abbondante candeggina, cambio asciugamani e asciugapiatti in continuazione, forse non serve, ma male non fa. Lavo le mani, non mi avvicino al fattorino che porta la spesa. La mattina mi misuro la febbre, non perché abbia sintomi particolari, ma perché l’ultima cosa che vorrei è ammalarmi e fare ammalare chi mi sta vicino.
La mia amica infermiera mi racconta la sua trincea e di come si muore soli quando non si riesce a guarire. Ecco, non ho paura di morire, anche se ho ancora molti sogni nel cassetto,
C resce su corriere.it il racconto collettivo «Noi stiamo a casa. Diario italiano». Avete risposto in tanti condividendo inquietudini e speranze della vita stravolta dal coronavirus. Un Paese che tiene la distanza, dove la casa torna il centro del mondo e il tempo è sospeso. Amore, solitudine, silenzio. Ecco alcuni frammenti. Continuate a scriverci all’indirizzo email
iorestoacasa@rcs.it
favole da raccontare a mia nipote, tradizioni da tramandare, ma mi spiacerebbe morire sola. Così, in questi giorni di clausura forzata per ingannare il tempo scrivo a mia nipote, ad amici che non vedo da tempo. Se mi capitasse qualcosa, nella cartella «Autoscatto» troveranno posta per loro, oltre a qualche mia foto meno indecente di quella che è sulla mia carta di identità, non si sa mai. Poi a pranzo ci vediamo in video-conferenza,
Sabato ho spiegato il senso dello slogan «#andrà tutto bene» a mio figlio, un ragazzo di 20 anni con sindrome di Down, che mezz’ora dopo è venuto in salone con un foglio dove ha scritto quelle parole. «Tutto da solo», mi ha detto! Con soddisfazione, con orgoglio. Ho pensato di non tenere per me questa buona notizia, ho voluto farlo sapere. Stare a casa significa fermarsi, fermare tutto, chiudersi, lasciarsi andare? Per noi no. Nel concreto #andràtuttobene in cosa si traduce? Abbiamo deciso che si dovrà festeggiare. Così abbiamo pensato di fare