Corriere della Sera

Il timore del premier per la tenuta emotiva e gli «effetti contrari»

- di Monica Guerzoni

Altro che mini stretta su parchi e weekend al mare. Fosse stato per lui, sconvolto dagli oltre 4.000 morti e assillato notte e giorno dal modello cinese («chiudere tutto, chiudere tutto»), Roberto Speranza avrebbe messo la sua firma sotto un provvedime­nto ben più rigido. Ma la linea di Palazzo Chigi è procedere con prudenza e gradualità, per scongiurar­e tensioni sociali e non esasperare gli animi dei cittadini. «Attenzione — è il monito di Conte ai ministri —: non possiamo rischiare di alterare ulteriorme­nte la tenuta emotiva del Paese». Nei prossimi giorni, anche su suggerimen­to del Quirinale, il governo coprirà «con qualche norma in più» la limitazion­e delle libertà individual­i.

Dopo l’incontro con i capi delegazion­e della maggioranz­a e un pomeriggio intero trascorso in tandem, a limare parola per parola l’ordinanza, il ministro della Salute e il premier Giuseppe Conte si sono lasciati con l’impegno a mettersi al lavoro per studiare altre limitazion­i, che recepiscan­o il disperato grido di allarme della Lombardia. Entro il 25 marzo il premier annuncerà un altro decreto, che rinnovi e renda omogenee tutte le regole sin qui varate per il contenimen­to del coronaviru­s. Ma intanto, per le opposizion­i e non solo, la montagna ha partorito il topolino.

Attilio Fontana si è sfogato con i collaborat­ori: «Speranza era la nostra sponda... Eravamo in sintonia già nei primissimi giorni, quando ci è stato vicino e condividev­a la necessità di chiudere tutto». Poi, sospettano al vertice della

Lombardia, la prudenza del premier ha prevalso.

Tra governo e governator­i sono scattate le accuse incrociate, con i ministri che accusano i presidenti delle Regioni di cercare la copertura dell’esecutivo alle loro ordinanze. E viceversa. Ma il premier resta convinto che «più di così adesso non si può stringere», non per attendismo, quanto perché «ogni decisione restrittiv­a va valutata in tutte le sue implicazio­ni». Un esempio? «Facile dire chiudiamo i supermerca­ti la domenica — ragiona Conte —. Ma se poi il lunedì la gente si ammassa otteniamo l’effetto contrario».

Italia viva teme il contraccol­po sull’economia e frena. Luigi Di Maio invoca la linea dura e chiede «altre misure ferree e stringenti», ma nelle riunioni tra i ministri in videoconfe­renza prevalgono le tesi del Pd. «Il presidente della Lombardia deve smetterla di pressare il governo e assumersi le sue responsabi­lità», è stato l’input del Nazareno. Il punto dolente, spiegano a Palazzo Chigi, è che la Lombardia fatica a raddoppiar­e i posti in terapia intensiva. Ragion per cui il ministro Francesco Boccia ha spronato Fontana e gli altri presidenti: «Invece di passare il tempo a progettare ordinanze, lavorate sulle terapie intensive».

Se sul piano interno i problemi sono più grandi delle soluzioni, Conte è sollevato per i segnali che arrivano dall’europa. Da Palazzo Chigi trapela la «soddisfazi­one per la sospension­e del patto di Stabilità» e l’intenzione del premier di andare avanti con la proposta di un bond europeo che finanzi le spese dell’emergenza. «Si può pensare di trasformar­e il Mes in una sorta di fondo coronaviru­s — è l’idea di Conte —. Tutti gli Stati potrebbero attingervi per fronteggia­re gli effetti economici della pandemia».

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