Moda, quale futuro?
Portare a settembre le sfilate maschili di giugno? Oppure puntare tutto su una Fashion week digitale? Il presidente della Camera della moda raccontai suoi piani B, C e D. Mentre Pitti conferma: non slittiamo
P iattaforme digitali, settimane virtuali, show interattivi. Di piani B e C e D, negli ambienti della moda, si parla parecchio. Riflessioni e ufficialità. Vie di fuga e speranza. Il mondo si è fermato e la moda anche: aziende chiuse, produzioni interrotte, campagne annullate. Solo la creatività cerca una normalità: stilisti in smart working con fogli e matita (o computer) a disegnare e schizzare. La domanda è sulla bocca di tutti, però. Se tutto ripartirà, ci sarà comunque tempo per realizzare le collezioni per le sfilate (giugno per l’uomo e luglio per l’alta moda) e i campionari per le fiere (Pitti Firenze,sopratutto)? Sono domande che fanno rabbrividire nel pieno di un’emergenza come questa. Ma si devono fare: il settore rappresenta la seconda voce del Paese e impiega milioni e milioni di persone. Con rispetto e senza presunzioni.
Il sostegno del governo
Sono al lavoro alla Camera della Moda, per esempio. In smart working, riunioni e decisioni, senza sosta. L’ultima quella di portare al governo una serie di richieste che aiutino il settore a ripartire quando arriverà il momento. Oltre alle agevolazioni, decise anche una serie più specifiche come il prolungamento della normativa Patent box sui marchi fino al 30 giugno 2021: «Questo intervento permetterebbe alle aziende italiane, in particolare quelle del lusso, di difendere il valore dei marchi Made in Italy», si legge nella nota del Camera Nazionale. E ancora l’innalzamento delle percentuali attualmente riconosciute per il credito di imposta ricerca e sviluppo, «in particolare per le spese di design prevista per il nostro settore e portarle dal 6 al 12% e, se possibile, anche del capitale massimo da 1,5 milioni di euro a 3 milioni di euro — spiega Carlo Capasa, il presidente — e rendere almeno triennale il provvedimento attualmente previsto solo per l’anno 2020». Questi i tecnicismi. Su sfilate ed eventi il numero uno della Camera della Moda, si riserva ancora un po’ di tempo.
Sfilate digitali Quelle organizzate con gli stilisti cinesi sono state un successo da 27 milioni di utenti
Le sfilate
«Ci siamo riproposti di parlare della settimana della moda di giugno a metà aprile, dopo Pasqua e dopo il termine del 3 aprile, data ipotetica della fine delle restrizioni». Scenari? «Tanti, tutti. Saremmo folli se non ci pensassimo. Da una settimana come le altre, a una più ristretta o ad afflusso limitato». Nelle previsioni più ottimistiche: «Far slittare l’uomo a settembre con la donna? Un’opzione, ma con ordini e produzioni come andrebbe a finire? Non scarterei allora l’ipotesi delle fashion week digitale: il successo di quella che abbiamo organizzato, primi e unici, con gli stilisti cinesi è stato incredibile. Qualcosa come 27 milioni di utenti tra la piattaforma live (Weibo) e quella in differita (Tencent) e Cameramoda.it. E così potrebbero organizzarsi anche gli ordini, per esempio. Certo è vero, si perderebbe nell’esperienza di toccare e sentire gli abiti, ma di emergenza si tratta».
Vediamo il bicchiere mezzo pieno: riapertura delle aziende a fine aprile: «Penso che ce la si potrebbe fare. Le sfilate rappresentano il 30 per cento della produzione. Piuttosto le precollezioni. Che avrebbero dovuto uscire in queste settimane. Il grande interrogativo sono queste e gli ordini di conseguenza, ma parliamo dell’estivo 2021. L’invernale, 2020/21 in teoria dovrebbe essere in parte avviato. A questo si sommano consegne e vendite dell’estivo stagionale». Presumibilmente l’italia, in Europa, sarà la prima ad uscire dall’isolamento, ma si vedrebbe costretta a limitare le entrate di chi ancora potrebbe essere indietro nella curva del coronavirus. «Un’ipotesi plausibile. Rientrerebbe nel piano delle limitazioni di pubblico che potrebbe essere supportato anche questo da piattaforme digitale e trasmissioni live».
Pitti confermato
Anche la corazzata del Pitti di Firenze non ha intenzione di fermarsi. Confermate con fermezza le date di giugno (dal 16 al 19 giugno) e deroga sulle adesione: aperte sino al 3 aprile (avrebbero dovuto chiudersi nei giorni scorsi): «Una decisione che abbiamo preso senza esitazione, fiduciosi», dice l’a.d. Raffaello Napoleone, convinto che, se anche in quindici giorni, dal momento della riapertura delle aziende, «i campionari possono essere realizzati». «Basterebbe un segno così, forti del fatto che tessuti e precollezioni dovrebbero essere già state più che impostate e ordinate. Il nostro vuole essere un atteggiamento proattivo che rifiuta qualsiasi cappa. Lo consideriamo un challenge. Ci appoggeremo a tutte le nostre forze, non ultimo l’e-pitti Connect, la nostra piattaforma, per presentare le collezioni anche prima dell’apertura e durante per permettere a chi non potrà esserci di esserci virtualmente ovunque si trovi». «Siamo coscienti che non sarà una stagione fieristica come le altre, sarà una stagione eccezionale, contro la paura e l’emergenza. Ma non per rimuoverle, bensì per fronteggiarle e porre realisticamente le basi per una ripartenza la più rapida possibile. Per questo abbiamo deciso di investire».
Senza immagini
Già la moda dovrà anche pensare a questo. Cancellate tutti gli shooting delle campagne per il prossimo inverno: avrebbero dovuto essere realizzate in queste settimane ma le modelle e i fotografi e i set sono stati bloccati. Contratti e contratti annullati.
«Solo Dolce&gabbana scattano subito dopo lo show e impostano l’immagine del prossimo inverno — racconta Piero Piazzi, presidente della Women Management —. Gli altri si organizzano sempre dopo. Anche questo sarà un altro lavoro da realizzare in tempi stretti. Molto stretti, se mai sarà possibile. E se noi, come sembra, saremo il primo Paese a ripartire, succederà che solo qui si potranno scattare le campagne. Luoghi e modelle italiane. Idem per le sfilate di giugno, ma non escludo anche di settembre».