Verosimile o a dismisura, confronti di architettura
I libri di Molinari e Gambardella, osservatori di un’italia che deve ritrovare la Bellezza
La stanza dell’architetto è piena zeppa di modellini, plastici e disegni. Per la serie, non raccontatela proprio a Cherubino Gambardella che la confusionaria artigianalità non esiste più in chi progetta. «Ho costruito addirittura un laboratorio di laurea che ha prodotto venticinque tesi a partire da altrettanti libri scelti dai candidati», osserva l’architetto ed insegnante di Progettazione architettonica all’università degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli».
La stessa università nella quale insegna l’architetto Luca Molinari. E, strano ma vero, entrambi hanno appena pubblicato un libro. «Non c’era una volta. L’architettura verosimile», edito da Lettera Ventidue, è quello di Gambardella, mentre «Dismisura. La teoria e il progetto nell’architettura italiana», pubblicato da Skira, è il testo di Molinari.
Se si somigliano? Piuttosto, si prendono, e molto bene: «L’idea di raccogliere questi miei scritti sull’architettura italiana è frutto dei suggerimenti del mio amico e compagno di viaggio, Gambardella: direi che tutti e due, dalle stanze dell’università napoletana, guardiamo il Paese da un punto di vista completamente diverso», racconta Molinari, secondo il quale, se la dismisura è il paradossale punto debole del fare una brutta architettura, occorre ripartire dalle università, come luoghi permanenti di formazione e di educazione alla bellezza, per tornare a meravigliarsi.
«La meraviglia genera narrazione, da condividere con gli altri e lascia il segno», aggiunge l’architetto lombardo e napoletano d’adozione, universitaria.
Napoletano doc è, invece, Gambardella, secondo il quale il Mediterraneo è l’orizzonte dal quale esplorare il verosimile attraverso un «libro-atlante immaginario sull’architettura». Magari per far convivere i protagonisti de «L’insostenibile leggerezza dell’essere» di Milan Kundera (tra i venticinque libri scelti) in una torre di cemento e vetro nel bel mezzo della Terra dei fuochi.
Che strano, la torre è «un luogo che ospita le tecnologie utili a pulire la vita dell’uomo» (Gambardella). Ma potrebbe essere anche un edificio qualsiasi: «Nel quale ritornare ad accorgersi, se costretti, delle cose e di chi ci abita intorno», dice Molinari.
È il bello dell’architettura: verosimile, a dismisura e profetica.