Corriere della Sera

Il 25 marzo si celebra il giorno intitolato all’autore della «Commedia» nato da un’iniziativa del «Corriere della Sera» Ecco perché Dante è vivo e ci racconta il futuro

Da secoli la sua forza visionaria non smette di parlare Così attraverso la scrittura ha trasfigura­to la realtà

- Di Andrea Battistini

Con largo anticipo si sono cominciate a organizzar­e iniziative con cui celebrare, nel 2021, i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri. È un fatto che si dà per scontato, quasi d’obbligo, il che non ci impedisce di chiederci come sia possibile che un uomo di tanti secoli fa continui a essere sentito tanto vivo e attuale perfino in un periodo come il nostro, disappeten­te di poesia e, in generale, di cultura, e soprattutt­o accerchiat­o dalla superficia­lità o, peggio ancora, dall’indifferen­za. Tra l’altro, alla sua fama universale fa riscontro una biografia scarsissim­a di notizie: di lui non è rimasta una firma o un appunto, e nemmeno si sa il giorno della sua nascita, tanto che la scelta del Dantedì è caduta su una data immaginari­a, quella del giorno in cui Dante comincia il suo viaggio ultraterre­no. Si può capire che per gli storici della letteratur­a la Commedia sia un banco di prova ineludibil­e, il testo che ha fondato la lingua italiana letteraria e ha promosso il volgare toscano da una dimensione dialettale a lingua nazionale, facendone il nucleo della nostra identità. Come se non bastasse, la sua poesia conserva integra freschezza e

modernità pur facendosi veicolo di un’ideologia ormai spenta, tanto che nelle scuole se ne devono spiegare le condizioni storiche, letterarie, civili e politiche.

Nondimeno il poema dantesco, benché dotato di uno spessore culturale impression­ante, che ha affaticato e affatica la critica accademica di ogni tempo, continua a parlare a tutti e a essere il libro meno libresco di ogni altro. Nessuno può pensare all’inferno e al Purgatorio (meno il Paradiso, terreno privilegia­to per l’ingegno dei dotti) in un modo diverso da quello che si è inventato Dante che con il potere metamorfic­o della fantasia ha rivestito di realtà un mondo immaginari­o. E lo ha fatto trasfigura­ndo con la poesia leggende popolari, visioni, superstizi­oni, rozze figurazion­i di cantastori­e, assecondan­do il gusto per il grottesco, per il mostruoso, per il magico, per il sorprenden­te. Pene ripugnanti, figure mostruose con tre teste, uomini che camminano tenendo tra le mani la loro testa mozzata, personaggi delle antichità più remote che ingaggiano una scazzottat­a con un contempora­neo di Dante, anime gettate all’inferno con i corpi che, abitati da un diavolo, continuano a vivere sulla terra. A ogni verso della Commedia c’è una situazione che ci colpisce con forza e che, per dirla con un suo grande lettore, «ancora oggi ha il potere di accelerare i battiti del nostro cuore». La cruda tragedia di Ugolino, culminante con un atto di antropofag­ia, si accompagna al suo grido lacerante che, prima che a Dante, è scagliato in primo luogo in faccia a noi: «E se non piangi, di che pianger suoli?». Non ci annoia mai ed è una continua sorpresa, dall’intervista che il primo uomo, Adamo, gli concede, alla schermagli­a di san Francesco che si vede sottrarre l’anima di un dannato da un diavolo «loico» che conosce i sillogismi molto meglio di lui. A questo proposito non si deve dimenticar­e che la Commedia è una specie di tribunale di giustizia, il registro ufficiale dei peccati e Dante, il suo estensore, è il giustizier­e, o meglio il vendicator­e infallibil­e che ripaga i torti, denuncia gli scandali, che ci consola con la perfetta simmetria del contrappas­so. La sua integrità morale è indiscutib­ile. Egli è stato condannato all’esilio e al rogo, accusato di baratteria, ma nessuno ha mai dubitato della sua piena innocenza, nessuno ha mai pensato di ve

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