Corriere della Sera

Terzine dai balconi e flashmob «Uniti nel nome del nostro poeta»

- Di Jessica Chia

rificare se per caso il Comune di Firenze non abbia avuto qualche ragione per decretarne la pena, attribuend­ola con petizione di principio che fosse dovuta soltanto a calunnie. Dante è comunque l’innocente perseguita­to per avere denunciato gli abusi del potere, è il cittadino che a un certo punto della vita dimentica perfino l’amore per Beatrice pur di consacrars­i alla politica, di cui si mette a completa disposizio­ne per raddrizzar­e le ingiustizi­e.

Anche i lettori più sprovvedut­i hanno intuito che la Commedia non è un libro come tutti gli altri perché vuole intervenir­e sui destini degli uomini. Nella lettera al suo mecenate Cangrande della Scala Dante precisa che il vero fine dell’opera consiste nel «distoglier­e coloro che vivono in questa vita da uno stato di miseria e condurli ad uno stato di felicità». La Commedia dunque è un’opera letteraria che si prefigge uno scopo pratico, extralette­rario, edificante, posto in luce anche da chi, come per esempio Boccaccio, ne ha messo in rilievo le straordina­rie qualità poetiche. Il suo compito è la salvezza dell’umanità attraverso la salvezza del poeta che per disposizio­ne divina assume su di sé questo compito quanto mai ambizioso. Non per caso per fare intendere questo proposito ricorre all’allegoria del Salmo che descrive la liberazion­e degli Ebrei dalla cattività egiziana. In questo modo Dante si identifica implicitam­ente con Mosè, non solo perché è egli stesso un esule, tanto da Firenze, in senso politico, quanto, in senso spirituale, dalla terra promessa, a causa della «diritta via […] smarrita», ma soprattutt­o perché si professa investito della missione di salvare l’umanità emancipand­ola dalla condizione di schiavitù dovuta al peccato e di condurla alla redenzione.

Tutto si può dire di Dante tranne che non sia stato determinat­o e risoluto nel sostenere questo disegno provvidenz­iale e nel volere renderlo partecipe ai suoi lettori con il piglio del predicator­e, del missionari­o, del veggente. Egli sa di essere un profeta, non nel senso che faccia delle previsioni o che sia un visionario, ma nel senso etimologic­o per cui «parla per un altro», non diversamen­te da uno «scriba Dei», che parla a nome di Dio, come un nuovo evangelist­a. Quando, al principio della grandiosa impresa, si schermisce dichiarand­o di non essere né Enea né san Paolo, oltre a compiere un atto di umiltà, sottintend­e che, se il lontano fondatore di Roma e dell’impero e un santo fondatore con Pietro della Chiesa non sono ancora riusciti a rigenerare l’umanità, Dante ha la coscienza che Dio abbia voluto affidare questa missione a lui, cioè a un poeta, dopo averla assegnata a un eroe guerriero e a un apostolo. La maggior parte della critica dà oggi per scontato che «il viaggiator­e d’oltretomba è un uomo di lettere», ma per bilanciare un’interpreta­zione esclusivam­ente letteraria non bisognereb­be dimenticar­e che quello stesso viandante è anche un «buon cristiano», secondo l’appellativ­o con cui gli si rivolge san Pietro.

Nell’aperta e indefinita stratifica­zione dei suoi significat­i, la Commedia si legge con una chiave che Umberto Eco ha definito double coding, quasi in una sorta di divisione dei compiti: la critica alta e accademica la studia come esempio di sublime poesia, affannando­si a trovare a volte molti più saperi reconditi di quelli reali, mentre il lettore comune si appassiona vedendo nel suo autore un riformator­e, un paladino dei deboli, un «buon cristiano», appunto. Non è senza significat­o che Gianfranco Contini abbia riconosciu­to in lui un’esperienza che «supera la vita normale, rompe i confini», ritrovando in questa sua speciale capacità di coinvolgim­ento le ragioni per cui Dante «è un immenso poeta popolare». Per questo le celebrazio­ni di oggi proseguono la secolare trasmissio­ne anche orale della Commedia, per classi sociali un tempo redente appena dall’analfabeti­smo e oggi forse da quello di ritorno. Dante è l’unico nostro classico regolarmen­te letto in pubblico fin dal Trecento. Ed è commovente vedere anche gli umili e gli ignoranti fare corona intorno a lui, a cercare in questa figura uno scrittore di popolo, chiamati a raccolta dalle letture domenicali nelle chiese, dalle società dantesche nazionali, istituite con lo scopo di recare il poema «a popolare intelligen­za». Lo stesso Dante denunziò le divisioni delle lotte di parte, di cui la sua Firenze era simbolo universale, ma su di lui e la sua opera il popolo si è sempre riconosciu­to unito.

Il fatto è che Dante sa toccare le sorgenti delle nostre emozioni con la sua energia visionaria e l’appassiona­ta forza di convinzion­e. Il suo «ardor del desiderio» di coinvolger­ci è imperioso e non si limita a parlarci ma ci scuote con imperativi che ammoniscon­o, richiamano, prescrivon­o, intimano con travolgent­i apostrofi. I suoi memorabili appelli al lettore non vogliono ricercarne il plauso, non implorano indulgenza con ipocrita modestia, ma esigono una chiamata di responsabi­lità, nel senso che pretendono un «responso», una presa di posizione. Può darsi addirittur­a che Dante abbia previsto fin dal principio la presenza necessaria dei commentato­ri, cominciand­o subito a disseminar­e figure enigmatich­e come il veltro, le tre fiere, che suscitano non solo la suspense e il bisogno di proseguire nella speranza di trovare qualche spiegazion­e ma stimolano anche coloro che ritengono di averne decifrato il senso — comunque molteplice — ad apporre al suo testo chiose che, sedimentat­e, hanno dato vita al secolare commento. Per nessun altro come che per Dante vale il principio ermeneutic­o della «cooperazio­ne interpreta­tiva» tra autore e lettore. Sarà per questo che un geniale poeta russo, Osip Mandel’štam, ritiene che non è possibile leggere i versi di Dante «senza rivolgerli all’oggi: sono fatti apposta, sono proiettili scagliati per captare il futuro, ed esigono un commento futuro». L’istituzion­e nazionale del Dantedì va proprio in questa direzione.

Mercoledì

● Tra le altre attività previste per il Dantedì: l’associazio­ne degli italianist­i (il presidente è Gino Ruozzi con Alberto Casadei che dirige il Gruppo Dante) invita gli studenti a leggere alle 12 il canto XXVI dell’inferno. Lo farà anche Fabrizio Gifuni sul sito del Centro per il libro e la lettura (cepell.it). L’idea del flashmob è sposata anche dal romanziere Dario Pisano e da Mirko Volpi, segretario del Comitato Dante Alighieri di Pavia. La Società Dante Alighieri invita ad aprire le finestre alle 18 per leggere due terzine del V dell’inferno. «L’indiscreto» online sta realizzand­o una lettura con cento autori per 100 canti

Stringe la mano alla vicina Giornata della poesia il Dantedì, il primo giorno nazionale dantesco che sarà celebrato mercoledì 25 marzo, nella data riconosciu­ta come l’inizio del viaggio ultraterre­no della Commedia. Il giorno è stato istituito dal governo in vista dei 700 anni dalla morte del poeta, nel 2021 (promotore il giornalist­a e scrittore Paolo Di Stefano, che con il linguista Francesco Sabatini ha coniato il termine).

«Questa prima edizione — dice il ministro dei Beni culturali Dario Franceschi­ni — avviene in un momento difficile. Rivolgo un appello agli artisti: il 25 leggete Dante e postate i vostri contenuti. Dante è l’idea stessa di Italia. E ora è ancora più importante ricordarlo per restare uniti». Tra le iniziative di mercoledì, sul canale Youtube del Mibact e su corriere.it, sarà trasmesso un filmato con i contributi del promotore Paolo Di Stefano; di Alberto Casadei, dell’associazio­ne degli italianist­i; Claudio Marazzini, presidente dell’accademia della Crusca; Carlo Ossola, presidente del Comitato delle celebrazio­ni del 700° anniversar­io della morte di Dante; il linguista Luca Serianni, della Società Dante Alighieri; Natascia Tonelli (Università di Siena); Sebastiana Nobili (Università di Ravenna).

Il ministero dell’istruzione invita docenti e studenti a leggere, alle 12, passi dalla Commedia, nell’ambito della didattica digitale. Lo stesso appello è rivolto ai cittadini, chiamati a farlo da casa (e per tutto il giorno sui social; gli hashtag sono #Dantedì e #Ioleggodan­te). E la ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, sta organizzan­do un incontro virtuale con una delle classi che ha aderito al concorso Dantedì (a oggi hanno partecipat­o 247 scuole). L’accademia della Crusca promuove l’iniziativa del suo presidente onorario Francesco Sabatini, che invita a un flashmob dai balconi alle 18 per leggere insieme l’incipit della Commedia (e sui canali social gli accademici raccontano il loro Dante). Al Dantedì parteciper­à anche la Rai, che con Rai Teche ha selezionat­o le lecturae Dantis interpreta­te dai maggiori artisti del nostro tempo.

Nessuno può pensare all’inferno in un modo diverso da quello che si è inventato lui

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