«Don Matteo» presiede la liturgia dell’audience: un successo
N on c’è più religione. Papa Francesco, consultatosi con Fabio Fazio ed Eugenio Scalfari, ha deciso di elevare alla porpora cardinalizia Don Matteo. Nino Frassica, frequentatore abituale di Che tempo che fa, è andato su tutte le furie (voleva forse diventare generale dei carabinieri?) e ha cercato di boicottare Don Matteo mettendolo in cattiva luce davanti al Nunzio Apostolico arrivato a Spoleto per valutare la candidatura.
Alla fine, per non tradire i suoi fedeli telespettatori, Don Matteo ha scelto di restare a presiedere la liturgia dell’audience, l’unica cerimonia religiosa cui il popolo italiano ancora partecipa. Le cose non sono andate proprio così, ma quasi. Rai1 ha trasmesso la decima e ultima puntata di Don Matteo 12. Com’è noto, Vigata e Spoleto, nei mondi immaginari del commissario Montalbano e di Don Matteo, sono luoghi ad alta densità delinquenziale, ben sopra la media nazionale.
Altrimenti, ai nostri eroi il tran tran quotidiano impigrirebbe il corpo, l’animo (l’anima, nel caso del reverendo) e la mente. Per dire, in quest’ultima puntata stagionale il delitto riguardava una fabbrica che produce una app per scoprire i virus e il capitano Anna Olivieri (Maria Chiara Giannetta) finisce per innamorarsi di Sergio La Cava (Dario Aita), un ex poco di buono sulla via della redenzione. Queste apparenti scontatezze determinano in realtà il grande successo della fiction: l’indeformabilità dell’impianto narrativo nel mistero delle cerimonie sociali diventa un pregio, lasciando alle non poche sottotrame il compito della pesca a strascico.
Nella tradizione dei preti-detective (pensiamo soprattutto a padre Brown dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton), anche don Matteo lavora d’intuizione (il confessionale come esercizio introspettivo) e l’impianto poliziesco finisce in sottordine: l’importante è che il bene trionfi sempre sul male.