Scandalo negli Usa: affari sull’epidemia
Il capo e tre membri della Commissione Intelligence avrebbero ceduto i titoli dopo aver ricevuto informazioni dei servizi sulla diffusione del virus
Avvisati dagli 007, i senatori Usa vendono le azioni prima del crollo.
NEW YORK Virusgate? La pandemia crea situazioni senza precedenti in campo medico, economico, di gestione delle libertà individuali. Ora sconfina anche nel campo delle mascalzonate finanziarie (che si tratti di reati o solo di comportamenti moralmente deplorevoli) commesse da esponenti politici di rango: quattro senatori americani accusati di aver venduto i loro portafogli di titoli azionari subito dopo aver ricevuto, tra fine gennaio e metà febbraio, una serie di allarmanti informative riservate dei servizi segreti sulle prospettive di diffusione del coronavirus.
Principale imputato è il senatore repubblicano Richard Burr, presidente della Commissione Intelligence del Senato che il 13 febbraio ha venduto, in 33 distinte operazioni, quasi tutto il suo patrimonio in azioni il cui valore ha oscillato negli ultimi mesi tra i 628 mila e il milione e 700 mila dollari. Anche Tucker Carlson, il conduttore della rete conservatrice Fox amatissimo da Trump, ha chiesto le sue dimissioni. Sotto accusa, insieme a lui, altri due senatori repubblicani, James Inhofe dell’oklahoma e Kelly Loeffler della Georgia e la democratica californiana Dianne Feinstein (i tre si dicono innocenti perché non hanno partecipato alle riunioni riservate o perché avrebbero affidato la gestione del loro patrimonio ad altri).
Anche Burr si difende, ma le sue giustificazioni sembrano poco consistenti. Interrogato in proposito, Donald Trump se l’è cavata dicendo che gli accusati sono «uomini d’onore» ma che si sta indagando.
Sotto accusa
Tre repubblicani e una democratica tra gli «imputati». Trump: uomini d’onore
Il caso esplode proprio mentre Congresso e Casa Bianca stanno negoziando quello che sarà il più grande pacchetto di sostegni economici della storia mondiale: circa 1.400 miliardi di dollari (il doppio dello stimolo di Obama dopo il crollo finanziario del 2008) che, sommati agli interventi della Fed, la banca centrale Usa, dovrebbero far salire l’impatto della manovra fino a 2 mila miliardi, il 10% del Pil. Queste, almeno, sono le cifre fornite ieri da Larry Kudlow, il consigliere economico della Casa Bianca. Una maratona negoziale in corso ininterrottamente da venerdì, nella quale tanto i democratici quanto i repubblicani sono sotto la pressione delle lobby dei settori produttivi colpiti dalla crisi che vedono in questo provvedimento un’ancora di salvezza.
Nei vecchi tempi della criminalità economica tradizionale, l’insider trading era legato allo sfruttamento di informazioni riservate su una società quotata in Borsa. In un mondo sempre più interconnesso e sofisticato, da tempo le «soffiate» speculative seguono anche altri percorsi. Ad esempio nel 2008 ci furono vendite sospette di titoli alla vigilia del fallimento della Lehman Brothers che provocò il crollo di Wall Street, ma anche quando, mesi dopo, le autorità monetarie segnalarono il rischio di una disastrosa gelata del credito.
Ora, per la prima volta, sono informazioni di tipo sanitario quelle che vengono utilizzate per speculare o, comunque, per mettere al sicuro i propri investimenti. La Commissione Intelligence, quella incaricata di sorvegliare il comportamento dei servizi segreti per conto del popolo americano: un ruolo molto delicato e una grossa responsabilità fiduciaria: che sembra essere stata tradita.