Il prete degli ultimi «Accoglieva tutti, icona della carità»
Ventidue sacerdoti morti nella Bergamasca e fra loro c’è anche don Fausto Resmini, 67 anni, cappellano del carcere e colonna della comunità don Milani di Sorisole, che fa parte del Patronato San Vincenzo, «un’icona della carità evangelica», dice il vescovo Francesco Beschi, che era stato con lui nell’ultima sera passata alla mensa dei poveri in stazione. Era l’inizio dell’emergenza coronavirus e dal giorno successivo il sacerdote ha cominciato a stare male. Poi, il ricovero e l’ultima settimana in terapia intensiva a Como. La stazione era uno dei luoghi cari a don Fausto, dove andava a cercare gli emarginati da accogliere: tossicodipendenti, ex detenuti, profughi, minori stranieri non accompagnati. Cristiani e musulmani ora lo piangono senza distinzioni. «Accoglieva tutti e cercava di dare una risposta a qualsiasi bisogno», spiega Oliveto Salvatore, tra i suoi collaboratori. Fra gli ultimi impegni quello dei ragazzini della Primavera dell’atalanta, con cui passava le serate alla Casa del Giovane: «Diceva che anche loro avevano bisogno, perché sono lontani dalle famiglie», aggiunge Salvatore. «Era un punto di riferimento per tutti, dalla polizia penitenziaria ai detenuti», spiega la direttrice del carcere Teresa Mazzotta. E il sindaco Giorgio Gori: «Servirà uno sforzo enorme per dare continuità al suo lavoro e rendergli omaggio».
Il ricordo
Le notti in stazione con gli emarginati «Dava risposte a ogni bisogno»