PAREGGIO DI BILANCIO, LE DIMENSIONI DELLA SVOLTA TEDESCA
Sta succedendo qualcosa di molto profondo e radicale in Germania sull’onda della pandemia. Quasi una rivoluzione copernicana, che ogni giorno acquista velocità e profilo e potrebbe avere conseguenze importantissime per l’europa. Abbiamo registrato, nei giorni scorsi, come l’emergenza del coronavirus abbia fatto cadere, nell’ordine, prima il totem dello Schwarze Null, lo zero nero, il pareggio di bilancio mantra della politica fiscale tedesca negli ultimi dieci anni, poi quello forse ancora più importante del vincolo costituzionale che impediva alla Germania ogni anno di produrre nuovo debito oltre lo 0,35% del Pil. In un colpo solo, il bazooka da 800 miliardi di euro per contrastare gli effetti economici del Covid-19, annunciato dal ministro delle Finanze Olaf Scholz, ha violato il doppio tabù.
Ma fin qui, la conversione della Germania da Saulo a Paolo ha sofferto di una contraddizione. Ciò che è stato riconosciuto giusto per l’economia interna, non ha avuto conseguenze sull’atteggiamento tedesco a livello europeo. Ancora una settimana fa, la cancelliera Merkel ha dovuto essere messa sotto pressione per dire di sì alla sospensione del Patto di stabilità.
Ora qualcosa sta cambiando. La recessione che verrà non ha più connotati morali. L’intero establishment tedesco, i grandi imprenditori, i direttori dei principali istituti economici, i commentatori più autorevoli, lo stesso vicecancelliere Scholz non fanno più mistero che è l’ora in cui «i più ricchi devono aiutare i più poveri» e la solidarietà europea deve farsi concreta. Un ex vicecancelliere mi dice che si avvicina il momento in cui da Berlino verrà un sì alla comunitarizzazione del debito, nella forma degli eurobond.
Saranno stati necessari un nemico nuovo e sconosciuto, la prospettiva ancora incombente di veder saltare tutto, dal mercato unico all’euro, ma alla fine anche la Germania sembra aver capito. Che poi basti, è un’altra storia.