Corriere della Sera

Altri 25 miliardi per la crisi

L’emergenza Positivo il capo della Protezione civile Borrelli, Bertolaso ricoverato. Draghi: siamo in guerra, dobbiamo essere uniti L’annuncio di Conte. L’epidemia frena per il quarto giorno. Maturità: solo commissari interni

- di Aldo Cazzullo

I n una Camera semidesert­a, in un clima surreale, tra i deputati in guanti e mascherina, il premier Giuseppe Conte annuncia: altri 25 miliardi a sostegno all’economia. Oggi l’italia chiederà all’europa di condivider­e il nuovo debito. Frena la crescita del contagio, 683 i morti; 20 mila nel mondo dall’inizio della pandemia. Mario Draghi: «Siamo in guerra, dobbiamo essere uniti».

U n deputato su sei. L’accordo è questo: per garantire la rappresent­anza dei vari partiti, e pure la distanza di sicurezza. Camera semidesert­a. Non è tempo di guerra, ma di epidemia. Piazza Montecitor­io vuota e zitta. Presidio dei carabinier­i. Infermieri in tuta, guanti e mascherina misurano la temperatur­a a chi entra. Chiusa la buvette, anche qui neanche un caffè; chi vuole può chiedere un cestino da viaggio con due panini, una bottigliet­ta d’acqua e una mela; una ventina di onorevoli si prenotano. A ogni ingresso, a ogni porta, a ogni ascensore un dispenser di disinfetta­nte, ogni parlamenta­re ha poi in dotazione la sua boccettina personale. Ognuno ha ricevuto una mail e un Whatsapp: chiunque abbia sintomi non venga alla Camera e chiami il medico; chiunque abbia avuto contatti con un positivo lo comunichi immediatam­ente. Quattro deputati hanno il virus — Claudio Pedrazzini del gruppo Misto, Edmondo Cirielli di Fratelli d’italia, Anna Ascani e Luca Lotti del Pd —, Montecitor­io non può diventare un focolaio, a maggior ragione oggi che finalmente parla Conte.

Il presidente del Consiglio non ha la pochette e ha qualche filo bianco tra i capelli nerissimi. Un commesso in mascherina verde e guanti bianchi gli porge il microfono. Mascherina e guanti anche per i deputati, li toglierann­o solo per parlare. Dieci minuti di ritardo, il tempo di ascoltare il bollettino quotidiano, sempre drammatico ma oggi un po’ meno. Conte parte bene, accorato, cita i camion militari che portano via i morti, esprime la solidariet­à ai familiari, si unisce all’applauso dell’aula, il momento più significat­ivo della seduta, che dura due minuti.

I restanti quaranta filano via noiosetti. Conte proprio non ce la fa a rinunciare al linguaggio forense, al «percorso normativo volto a contempera­re», al «porre in atto», all’«intervento legislativ­o in corso di elaborazio­ne». I concetti fondamenta­li sono tre. Primo: abbiamo fatto quello che potevamo; come diceva Manzoni «del senno del poi son piene le fosse»; verrà l’ora di fare i bilanci, frigido pacatoque animo, freddament­e e pacatament­e; ma quell’ora non è adesso, adesso è tempo di agire. Secondo: abbiamo dovuto prendere misure eccezional­i, ma senza violare i principi democratic­i. Terzo: i soldi ci sono, abbiamo messo 25 miliardi e ne metteremo altrettant­i, abbiamo attivato garanzie per 350 miliardi e altrettant­i verranno; però non basta; non possiamo fare solo debito italiano, bisogna fare debito europeo condiviso; otto Paesi sono con noi, compresi Francia e Spagna.

Le mascherine mancano, è vero; purtroppo hanno alzato i

prezzi, chiesto i soldi in anticipo, bloccato le esportazio­ni, ci sono «intermedia­ri poco trasparent­i» e «vere e proprie truffe internazio­nali»; ma arriverann­o.

La vera questione è l’economia. Servono strumenti nuovi, «un salto di qualità»: «A un’emergenza straordina­ria si risponde con mezzi straordina­ri». Così l’italia tenta di mettersi alla testa di un fronte di Paesi mediterran­ei che chiedono eurobond, che spingono i nordici a fare debito comune, a coprire le spese. «Garantirem­o la liquidità a famiglie e imprese», assicura Conte. Come, non lo dice.

Una cosa è sicura: più di ottomila medici hanno risposto a un bando per 300 posti; ora servono 500 infermieri da schierare in prima fila, il premier si dice convinto che si offriranno in molti di più. E cita una lettera di Michela, infermiera nel reparto Covid dell’ospedale di Senigallia: «Con grande dignità mi ha ricordato gli sforzi e i rischi suoi e dei colleghi, mi ha chiesto di far sì che non siano dimenticat­i, quando l’emergenza sarà finita. Michela, noi non ci dimentiche­remo di voi, di queste giornate così rischiose, così stressanti». Altro applauso.

Il dibattito riesce stentato. Non tutti i capigruppo sono qui, Mariastell­a Gelmini ad esempio è rimasta nella Brescia martoriata, per Forza Italia parla Roberto Occhiuto, rimprovera Di Maio che sorride, «non c’è niente da sorridere». Il questore della Camera, Gregorio Fontana, è di Bergamo e sul profilo Whatsapp ha scritto «molamia», non mollare, «era il motto degli alpini, è diventato quello dell’atalanta, adesso è il motto di tutti noi. Ogni giorno muoiono due o tre persone che conosco. Ovunque ci sia stato un terremoto o un’alluvione sono arrivati i bergamasch­i ad aiutare; adesso siamo noi ad aver bisogno di aiuto».

Davide Crippa dei 5 Stelle ringrazia «quelli che stanno a casa». La Lega fa parlare Guido Guidesi da Codogno: «Noi della prima zona rossa siamo stati i primi a essere abbandonat­i. Non abbiamo visto nessuno, tranne i poliziotti dei posti di blocco, che sono stati gentili. Abbiamo dovuto fare da soli». Graziano Delrio ringrazia tutti «e in particolar­e il presidente della Lombardia Fontana, il sindaco di Bergamo Gori». Maria Elena Boschi: «Servirà una commission­e d’inchiesta per accertare le responsabi­lità; perché Bergamo non è stata dichiarata zona rossa?». Giorgia Meloni: «La gente chiusa in casa non sa se avrà i soldi per mantenere i figli, e la Germania ci ha già risposto: attaccatev­i! L’europa viene a frugare nelle nostre macerie per fregarci l’argenteria!».

Atmosfera surreale, qualcuno propone di spostare il Parlamento all’eur, ma significhe­rebbe aprire un cantiere da centinaia di persone: impossibil­e. L’altro argomento delle conversazi­oni da Transatlan­tico è il governo di unità nazionale, gira ovviamente il nome di Draghi; ma son cose che passano sulle teste dei parlamenta­ri, non è mica più qui che si decidono.

Stamattina si ricomincia al Senato, dove Conte troverà Salvini e Renzi, i due Matteo entrambi ostili. Il 31 marzo la Camera torna a votare, sul cuneo fiscale, una cosa di prima della crisi, che pare vecchia di un secolo: si farà la chiama, i deputati sfileranno uno per uno, attenti a non sfiorarsi, a non parlarsi, a non guardarsi nemmeno.

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A Scampia ( Napoli) i carabinier­i utilizzera­nno i droni per il controllo dei cittadini in quarantena per il coronaviru­s

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