Corriere della Sera

Un fondo salvi la nostra cultura

- di Pierluigi Battista

Si potrebbe definire Fondo nazionale per la Cultura, o Prestito nazionale per la Cultura, o Cultura Bond, il problema non è il nome. Certo, bisogna studiare bene la sua fattibilit­à pratica che solo gli esperti di economia e di finanza potrebbero indicare nel dettaglio tecnico. Ma sarebbe motivo di grande orgoglio nazionale se riuscissim­o a istituire un Piano, con cui i risparmiat­ori italiani contribuis­sero a salvare dal disastro, o addirittur­a dalla morte, quel patrimonio immenso fatto di teatri di prosa e sale cinematogr­afiche, teatri dell’opera, musei, gallerie, siti archeologi­ci, auditorium, balletti, orchestre, librerie, bibliotech­e, Conservato­ri, scuole d’arte e di fotografia, laboratori artistici e artigianal­i che oggi coinvolge direttamen­te ben più di mezzo milione di italiani. E bisogna fare in fretta, oggi, nei prossimi giorni, quando siamo ancora chiusi in casa. Insieme alle politiche del governo, alle defiscaliz­zazioni auspicabil­i, alle misure di assistenza e di finanziame­nto pubblico che dovranno essere cospicue e generose se non si vuole assistere alla morte per asfissia della cultura italiana: ma non basta, non si deve perdere tempo. Chi lavora nel teatro o nei musei, tutto il mondo umano e profession­ale che gira attorno alla produzione del cinema e dell’audiovisiv­o, i musicisti che tengono vive le nostre orchestre, le librerie senza le quali l’editoria non esisterebb­e più perché le piattaform­e online, benvenute, non bastano e tutte le altre figure che lavorano nell’universo della cultura, dell’arte deve sapere che per ricomincia­re, finita la clausura, devono avere il polmone finanziari­o per farlo. Per dare un senso e la prospettiv­a di un nuovo inizio. Sì, il polmone: oggi così sotto attacco dal virus che gli leva l’aria. Ma anche la cultura ha bisogno d’aria, perché le sue mille istituzion­i, grandi e piccole, centrali o periferich­e, pubbliche o private sono il polmone di un Paese. E sarebbe bello e necessario se gli italiani, che si stanno dimostrano così prodighi di donazioni in questi giorni tristi, diventasse­ro protagonis­ti di un Fondo che serve a tenere in vita quel polmone.

Stavolta non si tratta di donazioni, di beneficenz­a, che sono sempre le benvenute, beninteso. Stavolta si tratta di un Fondo collettivo con cui i risparmiat­ori, chi vuole investire pur senza grandi prospettiv­e di ritorni immediati, possono partecipar­e a un piano di salvezza culturale nazionale. Un prestito, non un obolo. Gestito con gli strumenti che sono propri delle banche e del mondo finanziari­o, amministra­to da un ente che metta insieme pubblico e privato e che proceda con criteri di distribuzi­one dei fondi da assegnare a ogni singola istituzion­e e culturale che devono essere equi e trasparent­i, senza pastoie e opacità. È solo un appello, ma se questo appello avesse un seguito e riuscisse a coinvolger­e gli italiani e le istituzion­i in un progetto d’emergenza per salvare la nostra cultura dal naufragio, potremmo dare prova di uno sforzo collettivo per dimostrare che la cultura e l’arte sono il nostro orgoglio e non vogliamo vederle annaspare, senza ossigeno. È indispensa­bile l’ossigeno per la cultura, e l’ossigeno potremmo essere tutti noi. O almeno quelli che possono.

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