«In Lombardia più tamponi e meno pazienti positivi Ma in altre zone non è così»
L’infettivologo Pugliese: presto per gli effetti del blocco
ROMA Cosa ci dicono gli ultimi dati diffusi dalla Protezione Civile?
«L’impressione, sostenuta dalla speranza, è che si stiano finalmente vedendo gli effetti delle misure introdotte a partire dal 5 marzo. Devo però dare il consueto avvertimento di cautela. Prendiamo questi numeri con le molle. Restano delle incertezze. Il numero dei contagi dipende da quello dei tamponi effettuati», è la nota tutto sommato positiva di Andrea Pugliese, docente all’università di Trento, esperto di modellistica applicata alle malattie infettive.
Cosa rileva di interessante?
«È interessante osservare che sono stati eseguiti in
Lombardia più esami del tampone rispetto ai giorni precedenti e che, contestualmente, sono state trovate meno positività. Prima risultavano positivi circa la metà dei tamponi, ora la percentuale ha cominciato a diminuire ed è un ulteriore, tiepido segnale di miglioramento del quadro».
E i dati regionali?
«Purtroppo in altre realtà non c’è una stasi, un rallentamento, o perlomeno il trend non è così evidente come in Lombardia e mi riferisco a Regioni come Emilia-romagna e Veneto. Non dimentichiamo che i dati odierni danno informazioni su ciò che è avvenuto nei giorni scorsi e non riflettono la situazione attuale.
Questa la potremo leggere non prima di una settimana e rispecchierà l’effetto delle restrizioni scattate con i decreti del mese di marzo».
Perché il bilancio dei morti continua ad essere impressionante?
«La stima del tempo che intercorre dall’’avvio dell’infezione al decesso è di 10-40 giorni, con una media di 20. Le morti che contiamo oggi dunque si riferiscono a infezioni che risalgono a 20 giorni fa, quando le misure di contenimento non erano ancora in vigore. Ci aspettiamo che la curva dei decessi non scenderà tanto presto. Mi aspetto che i divieti introdotti abbiamo fatto scendere il tasso di contatto, che indica il numero
Questo virus è difficile da identificare La metà delle infezioni avvengono prima dei sintomi e sfugge alla sorveglianza
medio di persone infetto in grado di trasmettere il virus. È chiaro che il fatto di restare chiusi in casa riduce notevolmente il tasso, però non possiamo dire quanto».
Come esperto di modellistica delle malattie infettive che caratteristiche ha questo coronavirus?
«Possiede proprietà che hanno reso difficile il compito di identificarlo. Si stima che la metà delle infezioni avvengano in fase pre-sintomatica, secondo uno studio appena pubblicato in base all’analisi dei casi della Cina e Singapore. Ecco perché ha la capacità di sfuggire alla sorveglianza. In certi contesti il SARS-COV-2 ha poi dimostrato di avere grande capacità di trasmissione in certi contesti, ad esempio in ambienti ospedalieri e nelle residenze sanitarie per anziani dove riesce a colpire severamente».
Diverso dal virus della Sars?
«La Sars non si trasmetteva se non in presenza di sintomi gravi, era difficile che passasse inosservata. È stato responsabile di una mortalità altissima, il 17%».