Metodo di calcolo e tanti anziani Perché in Italia il virus fa più morti
Qui le vittime sono il 10% dei contagiati, all’estero il 4% Sotto la lente le stime con malati di altre patologie E nel nostro Paese il 23% delle persone ha più di 65 anni
1 Perché il 10% dei contagiati in Italia muore?
Nemmeno i migliori scienziati hanno una risposta. Di risposte ne hanno tre, quattro, cinque, ma tutte ipotetiche e che non riescono a chiarire sino in fondo perché l’italia detenga il triste, dolente e desolante primato mondiale del tasso di letalità del Covid: il 10% del totale dei contagiati in Italia muore, mentre nel resto del mondo il tasso è poco superiore al 4% (18 mila decessi su 423 mila casi), mentre in Germania la stessa frazione non si schioda dallo 0,5%, negli Usa sono fermi al 2% e in Francia sono ancorati al 5%.
2 Cosa non ha funzionato, come si spiega il primato dei decessi?
La spiegazione più plausibile, accennata da Graziano Onder, sulla prestigiosa rivista internazionale Jama, è che i casi dei decessi italiani siano sovrastimati, in almeno due aspetti. Il ricercatore dell’istituto superiore di Sanità da un lato accenna al fatto che i metodi di calcoli attuati in Italia siano diversi da quelli di altri Paesi del mondo, «decessi con coronavirus e non per coronavirus», insomma un eccesso di zelo della nostra sanità, che avrebbe calcolato anche i morti per altre malattie, dall’altro come molti suoi colleghi ammette che lo spettro dell’epidemia in Italia potrebbe essere assai più vasto, e che centinaia di migliaia di contagiati, senza aver fatto il tampone, non monitorati, abbiano fatto impennare il tasso di letalità: se in Italia avessimo fatto più tamponi, forse quel numeretto doloroso sarebbe molto più basso.
3 L’italia ha scoperto in ritardo l’arrivo del virus?
Nel suo studio Onder ricostruisce la storia del virus in Italia, ricorda che il virus ha probabilmente «camminato» in Italia già da gennaio, senza che nessuno se ne accorgesse.
Poi accenna alle possibili spiegazioni del primato italiano: la media anagrafica della popolazione italiana, visto che il 23% delle persone ha più di 65 anni, anche se i dati comparati con la Cina lasciano in piedi un grande mistero. Fra i 60 e i 69 anni sia Italia che Cina, in momenti simili dell’evoluzione epidemica, hanno avuto lo stesso tasso di letalità, 3,5%. Quello che resta inspiegabile è il tasso che impenna in Italia dai 70 anni in su rispetto alla Cina, del 13% contro l’8% sino a 70 anni, del 20% contro il 14% sopra gli 80 anni. I cinesi anziani hanno reagito meglio alle cure, erano più sani? Domande senza risposte.
4
Il metodo di calcolo è diverso dagli altri Paesi?
La seconda ipotesi è il metodo di calcolo, che registra come morti dovute al virus anche quelle di persone molto anziane, con una, due o tre malattie gravi pregresse. Non essendo mai stato definito un protocollo internazionale il metodo avrebbe finito con il sovrastimare le morti da Covid-19: una revisione di tutte le cartelle cliniche è in corso all’iss. Ma anche il cambio di passo attuato il 25 febbraio dal ministero della Sanità, decidendo di testare solo persone con sintomi, avrebbe portato a un rialzo della curva: se fai meno tamponi, si abbassa il denominatore ed immediatamente sale il tasso di letalità. Dal 3,1% del 24 febbraio si è passati al 7,2% del 17 marzo, sino al 10% attuale.