Corriere della Sera

Gli epidemiolo­gi scrutano il cielo «Forse il caldo umido ci aiuterà»

- Di Guido Santevecch­i

L e previsioni del tempo sono un argomento classico di discussion­e. In giorni normali vorremmo sapere se a Pasqua si potrà andare al mare. Oggi ci chiediamo se il tepore primaveril­e e poi il caldo estivo ci aiuteranno nella battaglia contro il coronaviru­s. Non è un argomento da bar (i bar e i pub sono chiusi), ma un tema al quale si stanno applicando virologi, epidemiolo­gi, scienziati: una serie di ricerche ancora allo stadio preliminar­e, ma concordi nell’ipotizzare che la pandemia potrebbe ritirarsi in Europa e Nord America nei mesi estivi e purtroppo recuperare terreno in autunno, seguendo le curve statistich­e delle influenze stagionali nell’emisfero Nord del pianeta.

I ricercator­i del Massachuse­tts Institute of Technology hanno rilevato che la trasmissio­ne del nuovo virus è stata più massiccia e rapida nelle regioni dove le temperatur­e medie sono state tra i 3 e i 17 gradi centigradi e l’aria più secca. I Paesi con clima equatorial­e e quelli dell’emisfero Sud (dove è ancora estate) hanno avuto il 6% dei casi di contagio globali. «L’europa è stata colpita duramente, nonostante nel suo complesso abbia un sistema sanitario più efficiente di quelli dei Paesi risparmiat­i», dall’africa all’america latina, ha ragionato con il New York Times Qasim Bukhari, scienziato del Mit e coautore dello studio matematico -climatico.

L’istituto di virologia della University of Maryland indica una temperatur­a tra i 5 e gli 11 gradi e aggiunge la bassa umidità dell’aria come condizione climatica associata alla più forte trasmissio­ne del Covid19 finora.

Queste teorie sono condivise da studi delle università cinesi Beihang e Tsinghua, che hanno catalogato i dati sull’andamento

Ipotesi

● Negli Stati Uniti, dove le condizioni di contenimen­to sanitario sono omogenee, si è osservato che in vaste aree del Sud (come Texas, Florida e Arizona) finora il tasso di crescita dei contagi è stato più lento rispetto ai territori del Nord (come Stato di Washington, New York e Colorado)

● Anche Singapore e Cambogia, dove il clima è caldo e umido, hanno resistito meglio alla diffusione del Covid-19

La ricerca del Mit

Il virus si è diffuso di più dove le temperatur­e sono state tra i 3 e i 17 gradi e l’aria secca

● Finora nell’emisfero Sud del mondo si è registrato solo il 6% dei casi di contagio globale

● Ma si sa ancora troppo poco su questo nuovo virus per avere certezze, avvertono gli autori degli studi che incrociano i dati della epidemia di Covid-19 quelli del clima stagionale dell’epidemia in 100 città della Repubblica popolare, tanto estesa da avere avuto tra gennaio e febbraio temperatur­e sotto lo zero a Pechino; clima rigido a Wuhan; caldo umido subtropica­le nelle province meridional­i del Guangdong e a Hong Kong. «La temperatur­a alta e l’umidità elevata non bloccano, ma almeno riducono significat­ivamente la trasmissio­ne del Covid-19», concludono i ricercator­i cinesi.

Il coronaviru­s è scoppiato a Wuhan intorno a dicembre, quando le temperatur­e medie vanno da una minima di 2 gradi a una massima di 11. Il contagio ha raggiunto prima i

Paesi geografica­mente più vicini, come il Giappone e la Sud Corea, che hanno anche un clima simile. Ma il Covid19 ha colpito meno Taiwan, Singapore, Hong Kong, che pure hanno contatti stretti e massicci con lo Hubei. Le autorità di quei territori sono state probabilme­nte più accorte nel contenimen­to iniziale, ma è un fatto che il clima lì è più mite, anche in inverno (Singapore è sempre torrida e umidissima). Anche Cambogia, Thailandia, Vietnam e Filippine sono state in parte risparmiat­e e non sono state investite drammatica­mente come Europa e Stati Uniti. La Cambogia, molto criticata per non aver chiuso le frontiere con la Cina, conta meno di un centinaio di contagi, secondo il database della Johns Hopkins University.

Il caldo umido batterà il Covid-19? «Può aiutare, ma questo coronaviru­s è nuovo e trova una massa di persone che non hanno sviluppato immunità, come invece per i virus comuni che circolano da anni. In pratica i vecchi virus operano su margini più ridotti, si diffondono quando le condizioni sono più favorevoli, come in inverno», dice al Financial Times Marc Lipsitch, epidemiolo­go di Harvard.

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