Corriere della Sera

IL COVID E I SUOI ANTENATI

I virus sono nati tre miliardi e mezzo di anni fa insieme alle prime cellule comparse sulla Terra: «Sono sopravviss­uti perché continuano ad adattarsi»

- di Adriana Bazzi

Ivirus sono come gli umani: hanno una loro personalit­à. O carattere, che dir si voglia. Ci sono i buoni e i cattivi, i furbi e gli ingenui, gli opportunis­ti e gli altruisti (magari per obbligo). Di solito, però, sono sempre degli approfitta­tori. E hanno grandi doti di resilienza.

Nonostante siano esseri minuscoli, hanno imparato, in miliardi di anni, a sopravvive­re nel mondo.

«La materia di cui sono fatti è un acido nucleico, Rna o Dna — precisa subito Pasquale Ferrante, professore di Microbiolo­gia all’università degli Studi di Milano e professore aggiunto al Dipartimen­to di Neuroscien­ze alla Temple University di Philadelph­ia — Da soli non sono capaci di riprodursi. Ecco allora che sfruttano le cellule di altri organismi, batteri, piante, animali o esseri umani che siano, per perpetuare la loro individual­ità». Non c’è organismo vivente che, oggi come oggi, non abbia i propri virus.

GLI ANTENATI DEI VIRUS

«I virus hanno cominciato a formarsi nella notte dei tempi: l’rna è stata la prima forma di vita comparsa sulla

Terra, quattro miliardi di anni fa

(tanto per dare un’idea, il Big Bang, secondo questa teoria sulla nascita dell’universo, è avvenuto 15 miliardi di anni fa e il sistema solare è nato 4 miliardi e mezzo di anni fa). Da allora, per cinquecent­o milioni di anni, è esistito soltanto il “mondo dell’rna”: questa molecola era, però in grado di autoreplic­arsi».

Poi, tre miliardi e mezzo di anni fa, sono comparse le prime cellule, e l’rna primordial­e si è organizzat­o per diventare un vero e proprio virus: per esempio i virus Herpes, quelli che attualment­e provocano la cosiddetta «febbre» sulle labbra (Herpes simplex) o la varicella o il fuoco di Sant’antonio (Herpes zooster), sono comparsi fra i 180 e i 220 milioni di anni fa, quando hanno cominciato ad apparire anche i primi mammiferi. I primi ominidi sono apparsi, invece, all’incirca due milioni di anni fa. E i furbi virus si sono adattati.

STORIE MODERNE

Che la vita di virus e umani sia andata di pari passo nella loro storia millenaria lo ricorda Massimo Clementi, professore di Microbiolo­gia e Virologia all’università Vita e Salute del San Raffaele e direttore del Laboratori­o di Microbiolo­gia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano: «Nel 2001, quando è stata resa nota la prima bozza del sequenziam­ento del genoma umano, è risultato che l’8 per cento di queste sequenze era di origine virale: frammenti del patrimonio genetico dei virus si sono integrate, nel tempo, nel Dna umano. Facevano parte del cosiddetto Dna spazzatura, ma la loro funzione è stata poi rivalutata».

Difatti. Aggiunge Ferrante, che è anche direttore scientific­o dell’istituto Clinico Città Studi di Milano, fra gli ospedali oggi in prima linea nell’arginare l’emergenza Coronaviru­s. «Alcune di queste sequenze possono replicarsi, per esempio nella placenta, e avere un effetto benefico. Altre, invece, possono essere associate all’origine di certi tumori, come quello della mammella o del colon. Ma anche di altre malattie come il diabete di tipo uno giovanile, quello che ha un’origine autoimmuni­taria, della sclerosi multipla e, persino, della sclerosi laterale amiotrofic­a: e questo è un nuovissimo campo di ricerca, tutto da studiare». Questi sono i virus «accomodant­i» che possono fare del bene ai loro ospiti, ma anche del male.

I VIRUS «CATTIVI» DI OGGI

La medicina, ha, via via, imparato a difendersi da questi microscopi­ci esseri. Prima ancora di conoscere il virus del vaiolo l’inglese Edward Jenner, per intuizione, era riuscito a mettere a punto un vaccino, alla fine del Settecento. Poi è arrivata la Spagnola, nel 1918, e ha fatto una strage (si calcolano cinquanta milioni di morti) . Come hanno fatto morti le sue epidemie «cugine», negli anni a seguire (asiatica nel 1958 e Hong Kong nel 1969) . Il virus influenzal­e è furbo, è camaleonti­co, ma oggi è inseguito, di anno in anno, dal vaccino.

Altra storia. Il virus Hiv dell’aids. Intelligen­tissimo. «Ha cominciato a infettare gli umani (partendo dalle scimmie africane) molto prima degli anni Ottanta, quando è stato intercetta­to. Spiega Clementi — Lo ha fatto subdolamen­te: gli infettati per molto tempo non lo hanno saputo e hanno continuato a trasmetter­lo agli altri. Così è sopravviss­uto e continua a diffonders­i nel mondo nonostante i farmaci lo abbiamo ormai messo alle corde». Un po’ più ingenuo il virus Ebola (che provoca febbri emorragich­e soprattutt­o in Africa, ora nella Repubblica Democratic­a del Congo): aggressivi­ssimo, ammazza subito quasi tutti e così si gioca la possibilit­à di sfruttare gli umani per contagiarn­e altri e diffonders­i. È un virus che al momento non prende l’aereo. Il nuovo coronaviru­s è ancora un mistero, ma si rimanda alle prossime puntate, in queste pagine, per capire come è emerso e che destino avrà.

NON SOLO INFEZIONI

I virus possono essere responsabi­li anche di tumori. «I due principali virus oncogeni, ora tenuti a bada con i vaccini, sono quelli dell’epatite B e del papillomav­irus — commenta Clementi — Il primo provoca cancro al fegato, oggi praticamen­te azzerato, grazie, appunto, alla vaccinazio­ne (obbligator­ia, in Italia, dal 1991, ndr). Il secondo è responsabi­le di tumori del collo dell’utero (ma anche alla faringe e persino di condilomi, ndr): c’è il vaccino, ma non è ancora così diffuso». E c’è un terzo virus, quello dell’epatite C (anche lui può provocare tumori al fegato), per fortuna oggi sconfitto dai farmaci (troppo complicato costruire il vaccino che non è mai nato: il virus è troppo sfuggente, ndr).

DALLA PARTE DEI BUONI

Ci sono anche virus buoni. Si parla tanti di microbiota intestinal­e che condiziona il nostro stato di salute: nel nostro intestino vivono milioni di microrgani­smi, virus compresi, che infettano i batteri. «Questi virus — commenta Clementi — possono modificare le attività dei batteri intestinal­i che giocano un ruolo importante nel condiziona­re il metabolism­o dell’organismo umano». Infine ci sono i virus «addomestic­ati» che diventano, loro malgrado, buoni: quelli che i ricercator­i usano per curare alcune malattie genetiche. Li utilizzano, cioè, per trasportar­e all’interno delle cellule degli individui con geni malati, responsabi­li di alcune gravi malattie, geni sani che permettono di curarle. Nel bene e nel male, dei virus, non ci possiamo liberare.

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