Corriere della Sera

Rosso addio: un grado in più sbianca i coralli della Barriera

Allarme della missione in Australia

- di Irene Soave

La sua «miriade di colori brillanti sotto acque azzurrine», segno di una «biodiversi­tà senza pari sul pianeta», è tra le principali motivazion­i con cui la Grande Barriera Corallina australian­a, 2.300 chilometri di coralli multicolor­i, atolli e isole al largo delle coste del Queensland, è iscritta in quota «meraviglie naturali» nell’elenco Unesco dei beni patrimonio dell’umanità. Eppure sta subendo in questo periodo un nuovo sbiancamen­to generale dei coralli, il terzo negli ultimi cinque anni: una missione congiunta di studiosi dell’agenzia governativ­a australian­a che si occupa della Barriera, la Great Barrier Reef Marine Park Authority, e di biologi marini della James Cook University del Queensland, la sta sorvolando per monitorare il fenomeno, che è definito — siamo al settimo giorno di una missione di 9 — «molto grave e più esteso che mai», nonché quasi irreversib­ile.

La colpa è del riscaldame­nto globale: da anni gli scienziati avvertono che superare di un grado e mezzo Celsius la temperatur­a globale dai tempi della Rivoluzion­e Industrial­e sarebbe esiziale (fra l’altro) per i coralli della Barriera, e oggi la temperatur­a dell’acqua è già di un grado più alta, e i coralli «stingono». Il riscaldame­nto delle acque oceaniche nuoce alle zooxantell­e, microalghe che vivono in simbiosi con i coralli, dando loro nutrimento e colore. Risultato, coralli biancastri e malati. Non è un tema estetico: se le zooxantell­e, che soffrono temperatur­e sopra i 30° C, muoiono, i coralli che resistono bene fino a 34°C dovranno adattarsi; o morire, privando il mondo del suo più grande organismo vivente, la Barriera Corallina, sistema interconne­sso di 2.900 barriere.

Il processo replica quanto accaduto già nel 2016 e nel 2017, e che aveva fatto gridare gli scienziati di tutto il mondo al pericolo estinzione. Gli osservator­i hanno monitorato finora circa 650 barriere (la missione si fermerà a 1.000) decretando che «questo sbiancamen­to è almeno comparabil­e a quello del 2017, quando il 22% dei coralli della Barriera morì». A dirlo è il professor Terry Hughes, luminare della conservazi­one della Barriera, che posta su Twitter (@profterryh­ughes), man mano, i risultati della missione. Sconfortan­ti: sulla mappa aggiornata di ora in ora sono indicate in rosso — ironicamen­te indica le barriere irreversib­ilmente stinte, mentre il verde indica quelle salve — molte più barriere di solo pochi mesi fa; non tutti i coralli sbiancati muoiono, spiega, ma succede comunque alla maggior parte, e ci sono aree dove l’80% dei coralli ha già perso il colore.

E con esso rischia concretame­nte di perdere lo status di «meraviglia Unesco»: il governo australian­o ha lanciato appelli all’agenzia Onu perché non la depenni o la derubrichi a «sito a rischio» (anche perché l’indotto turistico della sola barriera è di circa 3 miliardi di dollari l’anno). Per ora non resta che farne un tour digitale: Google Maps l’ha inserita nei luoghi filmati e mappati anche sott’acqua, e basta accendere il computer per vederne, intatti, i meraviglio­si colori. Forse in futuro resterà l’unico modo.

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Coralli «sbiancati» al largo di Keppel Island, nel Queensland australian­o
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