MENO AIUTI USA E SI COMPLICA ANCORA LA SCIARADA AFGHANA
Basterà un miliardo di dollari? In tempi di coronavirus il quesito può confondersi con tanti altri, ma questa volta non di pandemia si tratta bensì di quella pace in Afghanistan che tanto serve a Trump prima delle elezioni di novembre. E che dal 29 febbraio, quando è stata firmata tra americani e Talebani, non è riuscita nemmeno a compiere i primi passi dell’annunciato «processo». Accade che nello scorso settembre in Afghanistan si vota, e che due candidati, brogli o non brogli, si proclamano soltanto ora vincitori: il già presidente Ghani e il già primo ministro Abdullah. Ma il capo della delegazione di Kabul al dialogo interafghano con i Talebani può essere uno solo, e allora ecco che Trump, malgrado i grattacapi del coronavirus, manda in missione pacificatrice nientemeno che il segretario di stato Pompeo. Il quale promette di tutto e di più ai due contendenti, ma, incredulo, si scontra a due rifiuti. E allora ecco che un Pompeo furioso, lunedì scorso, annuncia il taglio di un miliardo di dollari agli aiuti Usa per il 2020, si dice disposto a fare altrettanto per il 2021, ed emette un comunicato ufficiale carico di pesanti avvertimenti. Basterà per stabilire chi è Presidente e chi non lo è? Molti ne dubitano. Tanto più che i Talebani qualche attacco nell’attesa l’hanno compiuto (segno che faticano a mantenere una linea unitaria) , e soprattutto che ieri si è rifatto vivo in piena Kabul lo Stato Islamico (Isis) che ha attaccato una struttura religiosa della minoranza Sikh per protestare contro il trattamento riservato ai musulmani nel Kashmir indiano. Una evidente provocazione, per far arrabbiare l’india (nemica dei Talebani,vicini invece ai pakistani) e rendere ancora più arduo il cammino della pace. Ma Trump è ottimista, aspetta notizie da Ghani e da Abdullah. Male che vada, si passerà a due miliardi di dollari. O a tre.