Corriere della Sera

«Chi va in fabbrica permette a noi tutti di fare la spesa»

Mutti (Centromarc­a): la produzione è un valore

- di Rita Querzè

«Questa crisi ci sta facendo riscoprire il valore della fabbrica. Se i privilegia­ti dello smartworki­ng possono stare a casa a lavorare sul pc, me compreso, questo è perché qualcuno ogni mattina si alza e va in reparto. A produrre alimentari per riempire i nostri frigorifer­i. Pellicole e imballaggi per avvolgerli. Detergenti per le nostre case. E poi farmaci e apparecchi­ature per gli ospedali». Francesco Mutti è presidente di Centromarc­a. Con la sua azienda, basata a Parma, porta sugli scaffali degli alimentari sughi pronti e derivati del pomodoro.

Il coronaviru­s porta i consumator­i a privilegia­re il confeziona­to. I rigidi protocolli a garanzia della sicurezza del lavoro, però, inevitabil­mente riducono la produttivi­tà.

Il sistema produttivo ha difficoltà in queste condizioni a soddisfare la domanda?

«Le difficoltà vengono superate grazie ai nostri operai che stanno affrontand­o il momento con grande responsabi­lità, accollando­si procedure che complicano il lavoro e lo rendono più faticoso. Operai: una parola che dovremmo riscoprire. Come dovremmo riscoprire l’orgoglio della produzione e della fabbrica».

Lei ha appena accordato un aumento delle retribuzio­ni del 25%.

«Mi pareva giusto premiare chi, anche in questi giorni difficili, sta permettend­o alla nostra azienda, e al Paese stesso, la continuità produttiva».

Le persone hanno paura. È aumentato l’assenteism­o?

«Molto meno di quanto si pensi. Spesso sono le aziende a invitare chi ha una piccola indisposiz­ione a restare a caquando sa. Per questo credo che vada restituito ruolo e importanza a chi svolge un lavoro tanto invisibile quanto indispensa­bile. Come dimostrano le vicende di questi giorni, l’industria alimentare è strategica, al pari di quella farmaceuti­ca o dell’energia».

La lista delle attività autorizzat­e a produrre in emergenza è stata aggiornata. Contiene quanto serve a garantire l’operativit­à della vostra filiera?

«Vedo in questi giorni una forte banalizzaz­ione di questioni complesse. Identifica­re quelle che sono le attività essenziali è estremamen­te difficile. Non mi scandalizz­a che ci si arrivi tramite progressiv­e approssima­zioni e aggiustame­nti. L’importante è che si abbassino i toni e che si difenda soprattutt­o in questa fase la collegiali­tà delle scelte».

A breve passeremo dall’emergenza sanitaria all’emergenza economica. Come ripartirem­o?

«Molto dipenderà da quanto si prolungher­à questa fase. L’importante sarà ripartire con la consapevol­ezza che, se le fabbriche si fermano, l’italia è in ginocchio. Di certo ripartirem­o il nostro sistema di valori sarà cambiato. Inoltre servirà un progetto di ricostruzi­one il più ampio e condiviso possibile».

Crescerà la spesa pubblica. Senza gli eurobond, non ce lo potremo permettere.

«Per questo serve un nuovo patto sociale. Dopo questa emergenza tutti dovremo fare sacrifici. Nello stesso tempo nessuno avrà dubbi sul fatto che sanità e istruzione siano asset irrinuncia­bili. Proprio per questo non potremo più permetterc­i le zavorre che hanno annullato la crescita negli ultimi vent’anni».

Quali zavorre?

«Lavoro nero ed evasione, per esempio. Diventerà se possibile ancora più intollerab­ile ogni forma di illegalità e concorrenz­a sleale, anche tra imprese. Sarà necessaria una stagione di riforme radicali».

C’è il rischio che in recessione gli italiani si privino delle marche?

«Non credo. Nella riorganizz­azione dei valori che già stiamo operando in questi giorni di reclusione forzata, la qualità del prodotto di marca sarà ancora più valutata».

Al vertice Francesco Mutti, classe 1968, presidente di Centromarc­a  Quando sarà ora di ripartire tutti dovremo fare sacrifici. E sarà necessario un progetto condiviso per il Paese

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