Il viaggio di Salvatores
L’intervista Il regista: cerco testimonianze dirette e materiali inediti «Film sulla quarantena con i video degli italiani: voglio conservare la memoria di questo dramma»
Viaggio nell’italia della resistenza, del dolore e della speranza. Raccontare per immagini la pandemia. «Cerchiamo testimonianze dirette, filmati girati da casa, dalla finestra, materiali inediti sulle emozioni che ci hanno investito in questi giorni terribili. Un dettaglio di convivenza familiare, un angolo di cucina e, se c’è, un sorriso. Vogliamo conservare la memoria di un evento senza precedenti».
Il premio Oscar Gabriele Salvatores spiega così il progetto Viaggio in Italia, promosso da Indiana Production e Raicinema. L’iniziativa corre già sulle pagine Instagram @viaggioinitaliailfilm, @rai_cinema e @theindianaway attraverso due video con le modalità per partecipare. Tutte le attività, dalla ricerca al montaggio, saranno realizzate in smart working, rispettando le direttive del governo. «Un modo, anche, per dare lavoro a chi opera nel settore in un momento così drammatico». Saranno coinvolte istituzioni, associazioni, scuole di cinema e, in parallelo, partirà una raccolta di fondi per la Protezione civile.
Gabriele, racconti com’è nata l’idea?
«L’assedio del virus ci ha attirato la solidarietà mondiale. L’obiettivo è far emergere un’immagine del nostro Paese che possa essere utile per il futuro, quando la pandemia svanirà e dovremo affrontare un’impervia ricostruzione».
Come vive il momento?
«Per la mia generazione è sicuramente la prova più dura di sempre. Bill Gates l’aveva detto: sarà un virus a mettere in ginocchio l’umanità. Ogni generazione, ahimè, ha la sua crisi, il suo punto di svolta».
Dove si trova, ora?
«Sono in casa, a Lucca, dove abito per una parte dell’anno. Ho il privilegio di aprire la finestra e vedere il verde e non ho l’allucinante colonna sonora delle ambulanze. Terribile. Come le sirene che chiamavano ai rifugi sotto i bombardamenti. Il generale filosofo Sun Tzu ne L’arte della guerra dice che se conosci te stesso e il tuo nemico vincerai tutte le battaglie. L’isolamento, l’unica arma di cui disponiamo contro il virus, ci aiuta a conoscere meglio noi stessi e ci dà tempo per conoscere il nostro nemico e abbatterlo».
Che insegnamento ha tratto da tutto questo?
«Ci stiamo rendendo conto che siamo tutti uguali. Fragili. Vedo più rispetto nei confronti del prossimo. Il mondo dovrà per forza essere migliore».
In che modo?
«Apparteniamo alla Natura. Siamo la piccola parte di un sistema più ampio, che è la vita. Non siamo i dominatori. Rifletto, da quasi settantenne, su tutto quello che s’è detto degli anziani, su come nel mondo latino e cinese sono lari protettori, da difendere. E ripenso alle dichiarazioni poi ritrattate di Boris Johnson. Lo pneumologo Enzo Soresi ha paragonato il virus a un hacker che, con la sua crudeltà, ci porterà a capire che il nostro è un sistema sbagliato».
Che cosa si aspetta dopo la pandemia?
«Dovremo affrontare una tempesta economica e sociale. Temo le strumentalizzazioni politiche, dovremo stare lontani dai deliri autoritari. L’europa si convinca che non è tempo di pensare ai confini. Non dobbiamo fregarci le mascherine gli uni con gli altri».
Il precedente di «Viaggio in Italia» è stato «Italy in a day» (2014).
Sono in casa, a Lucca, dove abito per una parte dell’anno Ho il privilegio di aprire la finestra e vedere il verde, non ho l’allucinante colonna sonora delle ambulanze
«Sì. Ma quello era il ritratto (impressionista) di un giorno italiano, normale, quieto. Qui siamo di fronte al racconto di un evento eccezionale».
Esiste una morale politica in tutto questo?
«Sanità, ricerca, cultura. Tutti i governi, di destra e di sinistra, quando c’è da tagliare affondano lì il loro coltello. Tre cose di cui sentiamo maledettamente la mancanza in queste tremende giornate».
«Viaggio in Italia» è un progetto destinato soprattutto ai giovani?
«Lo è sia per le modalità di svolgimento e sia perché, essendo un tentativo di conservazione della memoria, servirà a costruire il futuro».
Che film si aspetta?
«Un regista comincia a girare avendo una storia, una sceneggiatura, un cast. Qui la sceneggiatura non c’è. C’è un soggetto che ogni giorno registra una svolta. Vorrei che uscisse un film che corrisponde al carattere degli italiani. Sicuro che prima o poi torneremo a rivedere le stelle».