Il calcio spaccato
Società in assemblea permanente, ma toccherà a governo e Federazione dare l’ok alla ripresa
MILANO La discussione in Lega calcio non è più quando tornare a giocare, ma se farlo oppure no. I club sull’argomento si stanno dividendo. «Quella attuale è una stagione disgraziata, stravolta dall’emergenza coronavirus. Se si parla di ripartenza poi non bisogna andare oltre il 15-22 giugno, sennò il rischio è guastare anche il prossimo campionato. Gli allenamenti? Lì bisogna essere chiari: se si può si ricomincia, altrimenti no», sintetizza Urbano Cairo, presidente del Torino.
Ormai esistono tre fronti: chi vuole riprendere (Lazio, Napoli, Roma, Sassuolo, Cagliari), chi è più deciso nel voler congelare la classifica (Milan, Inter, Samp, Genoa, Brescia) e chi ha posizioni più moderate.
Nella video riunione di Lega
A bisognerà trovare una soluzione per la prossima stagione: l’ipotesi di ripartire in A con 22 squadre e in B con 24 non è poi così remota.
Oggi la Figc incontrerà le componenti federali, tra cui giocatori, allenatori e arbitri, per fare il punto. Domani invece presenterà al governo le proposte per gli interventi da adottare per salvare il sistema calcio. «Il calcio si può aiutare, ma è anche il calcio che aiuta: nella vita di tutti i giorni dà allegria e sollievo alle persone, oltre a essere un importante fattore economico. Questo bisogna tener presente quando si parla di ripartenza», sottolinea Cairo.
Del taglio degli stipendi se ne parlerà più avanti, l’intenzione della Figc è però tutelare i più deboli. Al governo sarà chiesta la cassa integrazione per quei giocatori, in stragrande maggioranza di serie B e C, che hanno un reddito non superiore ai 50 mila euro.