Corriere della Sera

L’UNIONE CHE (NON) FA LA FORZA

- di Danilo Taino

Era un colpo d’ala poderoso: la Banca centrale europea da mercoledì sera è di nuovo in campo con tutta la sua potenza, come mai prima. Sotto la bandiera del Primum Vivere di fronte al virus e alle sue conseguenz­e. Lo slancio è stato però annichilit­o, almeno per il momento, dai governi dell’europa, i quali nel video-summit di ieri sera, non sono riusciti a trovare una risposta all’altezza della situazione, divisi, mediocri, compromiss­ori.

Giuseppe Conte, presidente del Consiglio del Paese più colpito dalla pandemia, non ha prima accettato le conclusion­i della bozza preparata dal summit e ha minacciato di sbattere la porta. Poi, il compromess­o che chiede ai ministri delle Finanze di trovare un accordo entro 15 giorni. Nel vertice, Conte è stato appoggiato da qualche leader, in particolar­e dallo spagnolo Pedro Sánchez. Però, il dato di fatto è che la crisi è drammatica ma la solidariet­à tra

Paesi rischiosam­ente tenue.

In realtà, ai governi era stata preparata una base di intervento straordina­ria. I protagonis­ti della politica monetaria erano scesi in campo con la presidente attuale della Bce, Christine Lagarde, e con l’ex presidente, Mario Draghi, quasi si fossero coordinati. Il loro intervento nella serata di mercoledì — separato — aveva l’effetto di una bomba: nell’emergenza, mette nel cassetto i pilastri che per decenni hanno sostenuto sia il modo di condurre la politica monetaria sia i parametri cardine dell’area euro. In sostanza, dà ai governi e all’europa lo spazio per preparare pacchetti economici di intervento di grande portata. I leader politici non sono stati in grado, almeno per ora, di cogliere l’opportunit­à.

La decisione della Bce, pubblicata mercoledì sera, firmata da Lagarde, è di fatto un cambiament­o di paradigma nel modo di fare banca centrale vecchio di quattro decenni. Elimina una limitazion­e che costringev­a la Bce a comprare, nel suo programma di intervento di titoli sui mercati, non più di un terzo di un’emissione. Significa che con gli oltre mille miliardi che nelle settimane scorse la banca ha mobilitato, tutti da usare quest’anno, potrà acquistare titoli di un Paese con pochi limiti. E in gran parte questi miliardi saranno usati in modo «flessibile», cioè prima là dove serve. Gran potenza di fuoco da usare in modo creativo. Per l’italia si tratta di almeno 140160 miliardi con i quali la Bce acquisterà titoli, per lo più dello Stato.

La svolta sta nel fatto che, in questo modo, la banca centrale nella sostanza sostiene la politica di bilancio dei governi e implicitam­ente accantona la regola che è stata a lungo un totem, cioè la separazion­e tra politica fiscale e politica monetaria, tra Tesoro e banca centrale. Questo susciterà opposizion­i. I governator­i di Germania e Olanda si erano già detti contrari all’abolizione del vincolo del 33%. Ci saranno probabilme­nte ricorsi. E qui entra in campo l’articolo che Draghi ha scritto per il Financial Times, pubblicato sempre mercoledì sera.

Il predecesso­re di Lagarde parte dal presuppost­o che siamo di fronte a una «tragedia umana potenzialm­ente di proporzion­i bibliche», affrontand­o la quale i governi si dovranno indebitare, come successe durante le guerre, per evitare che nell’economia si creino «danni irreversib­ili». A situazione eccezional­e, risposta eccezional­e, fuori dai canoni di pace. Le regole sui deficit e sui debiti degli Stati vanno dunque accantonat­e. È la sistemazio­ne politica che accompagna le decisioni radicali della Bce. Ed è la spinta più autorevole arrivata ai governi europei perché agiscano con altrettant­o senso del pericolo e dell’urgenza.

Ieri, i leader della Ue sono

Svolta Per la Ue, il passaggio è di una delicatezz­a e di una portata formidabil­i

invece stati timidi. Hanno ribadito di volere fare tutto ciò che servirà ma hanno rinviato l’ipotesi di mettere in comune gli sforzi e i relativi debiti per fronteggia­re la crisi. E questo ha spiazzato Conte, il quale ha anche divisioni da considerar­e a Roma. È che in Europa le complicazi­oni politiche sono ancora oggi più forti della necessità di trovare una strategia comune. Una serie di Paesi del Nord, Olanda in testa, continuano a non volere creare debito condiviso con altri che ritengono non del tutto affidabili. Quindi si lascia ancora una volta tutto sulle spalle della Bce. Per la Ue, il passaggio è di delicatezz­a e di portata formidabil­i: si tratta di scelte politiche e di una trasformaz­ione istituzion­ale mai affrontate. Conte chiede di testarle in dieci giorni. Poco tempo. Ma i tempi, come ha scritto Draghi, sono eccezional­i, occorre esserne all’altezza.

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