La ministra Pisano: testiamo app e sistemi di autodiagnosi Ma la privacy va tutelata
MILANO Il Cnr ha proposto un sistema per far comunicare i pazienti con i medici attraverso lo schermo del televisore. La spagnola Forcemanager ha già portato la sua applicazione per l’autodiagnosi di Covid-19 su 300mila smartphone dell’area di Madrid: adesso è pronta a mettere l’app a disposizione dell’italia. E poi: idee da Ucraina, Norvegia, Svizzera e Bielorussia. In totale hanno risposto 823 fra aziende, centri di ricerca e università alla chiamata dei ministeri di Innovazione e Salute: 504 con proposte nel campo della telemedicina e 319 in quello dell’analisi dei dati sulla diffusione del Coronavirus.
«Dobbiamo fare in fretta», dice la ministra dell’innovazione Paola Pisano, «il ministero della Salute si occuperà della telemedicina, noi faremo una short list delle app di data analytics». Sarà questione di giorni. La prima selezione è affidata a una squadra di 60 esperti, poi «le decisioni verranno assunte nella collegialità del governo, ciascuno per le proprie competenze».
Cosa stiamo cercando?
«Le app di tracciamento dei contatti hanno attirato molto l’attenzione, ma sono solo la punta dell’iceberg. Per il Paese è importante innanzitutto la raccolta dei dati, anche quelli comunicati in modo volontario e anonimizzato, come accade sul sito americano Healthweather, dove i cittadini danno indicazioni sul loro stato di salute e si possono vedere le zone in cui salgono ondate anomale di febbre».
È importante ma può non bastare, anche nel famoso modello coreano app e tecnologia fanno parte di una strategia più ampia.
«Non bisogna pensare che un’app sarà la soluzione di tutto. Dobbiamo essere prudenti, testarla e valutare sopra quale soglia è statisticamente rilevante. La logistica, poi: se dici a una persona che è entrata in contatto con un soggetto infetto chiamerà subito il suo medico. Serve un call center, qualcuno poi vorrà fare il tampone».
E cosa succederà?
«La linea del ministero della Salute è di farli solo in presenza di sintomi. Allora un’app utile potrebbe essere quella che aiuta i cittadini a valutare il loro stato di salute, come in Spagna, mentre quella per il tracciamento dei contatti potrebbe servire per chiedere a chi ha incrociato un infetto di rimanere in quarantena per 14 giorni, per poi valutare alla fine del periodo se fare il tampone. È prematuro parlarne, bisogna fare in fretta ma anche essere consapevoli dell’impatto sul futuro del Paese».
L’impatto sulla privacy, per esempio.
«Stiamo lavorando con il Garante. E non è necessario comprimere al minimo un diritto in favore di un altro. Abbiamo compresso il nostro diritto alla libertà perché sappiamo che avrà un impatto sulla diffusione del virus. Abbiamo la stessa certezza su un’app? Dobbiamo porci questa domanda e assicurarci che le deroghe finiscano con l’emergenza e tutti i dati vengano cancellati».
Avete contattato anche Facebook o Google?
«No, non ci stiamo interfacciando con loro. L’unico collegamento è l’università di Pavia che ci dà analisi basate su dati aggregati forniti da Facebook».