L’unica donna a non farcela «Sotto il casco sorrideva»
Suo fratello Roberto, anche lui medico, dice che «Enza nella sua vita ha sempre anteposto gli interessi degli altri ai suoi. Generosa e disponibile fino all’ultimo». Vincenza Amato, classe 1954, di origini calabresi, era dirigente medico responsabile del Dipartimento di Igiene e Prevenzione sanitaria, a Bergamo. È finora la sola donna medico morta in prima linea nella battaglia contro il coronavirus. Nell’elenco della Federazione nazionale in realtà c’è il nome di un’altra dottoressa uccisa dal virus — la psichiatra bergamasca Bruna Galavotti, 86 anni — ma non si è ammalata mentre era al lavoro. Vincenza lascia il marito Marco e tre figli adulti, Aldo, Marina e Manfredi. Era al suo ultimo anno di lavoro. Ancora pochi mesi e «si sarebbe dedicata completamente alla famiglia, avrebbe fatto la mamma, la nonna e nient’altro» racconta suo fratello che ha provato a parlarle l’ultima volta mentre era sotto il casco che l’aiutava a respirare. «Non si capiva molto ma il medico che era davanti a lei mi ha detto che ha sorriso e io voglio credere che quel sorriso fosse il suo modo di dire a noi tutti di non preoccuparci per lei». La carriera medica di questa donna è cominciata nel 1985, quando lavorò per un anno come guardia medica turistica. L’anno successivo fu medico fiscale; nel 1990 fece il medico scolastico, nel 1999 diventò dirigente all’agenzia per la tutela della salute a Bergamo: lì, oggi non c’è nessuno che non la conoscesse.