L’ultimo sms al collega «Non va bene, non respiro»
Il 13 marzo l’ultimo messaggio a un amico: «Io purtroppo non vado bene, non respiro. Prevedo un tubo nel breve/medio termine». Marcello Natali era medico di Medicina generale, oltre che segretario della Federazione della sua categoria, a Lodi. Aveva 57 anni e nessuna patologia pregressa che rischiasse di complicare il suo quadro clinico. Eppure non ce l’ha fatta. Quando il virus ha attaccato i suoi polmoni, quando i parametri respiratori sono scesi ben sotto i limiti, lui aveva capito che la sua strada lo avrebbe portato in terapia intensiva. Per questo aveva scritto quel messaggio «semplice, diretto, razionale», dice l’amico Irven Mussi, medico di famiglia a Milano. Nato e cresciuto nel Bolognese, in un paesino che si chiama San Giorgio di Piano, dove suo padre Mario è stato medico condotto per una vita, il dottor Natali si era poi trasferito a Caselle Landi, nel Lodigiano, con la moglie, anche lei operatrice sanitaria, e due figli. Come medico di famiglia seguiva pazienti in sei comuni fra i quali Codogno, diventata città simbolo dell’emergenza più grave di sempre. Aveva ben presente il rischio che correva, soprattutto con le visite a domicilio di persone che non sapeva se fossero o meno infette. In un’intervista radiofonica aveva parlato dei tempi «troppo lunghi» dei tamponi ma non si era mai tirato indietro. Come dice l’amico Irven: «Il primo a entrare in guerra, con paura, ma con superiore senso del dovere».