Il deserto nelle città
Plaza Mayor, 16 marzo: è l’inizio del grande dramma di Madrid dove i contagiati sono decine di migliaia
Le foto
● Alessio Perboni, 40 anni, scruta con le webcam pubbliche «il deserto» delle città. Il progetto si chiama
Siamo sinceri, uno scenario come quello che presentiamo in questa pagina, con le immagini giustapposte dei luoghi più suggestivi della civiltà umana contemporanea, non lo avrebbe immaginato nemmeno un regista visionario e temerario come Alfred Hitchcock. La catastrofe inimmaginabile — pensate a «Uccelli» — che cambia la nostra percezione del mondo. Questa volta il nemico dell’uomo, pur volando insidioso — è invisibile. Un virus che si è moltiplicato con la velocità di questi nostri tempi senza presente. E che futuro ci prefigura? Osservate le fotografie di Alessio Perboni, 40 anni, colte scrutando attraverso le webcam pubbliche «il deserto» delle città.
Mai, nel dopoguerra, avevamo sperimentato una simile suggestione: le metropoli silenziose, i viali spogli di vita. Quartieri che per decenni hanno attirato la meglio gioventù (e non solo) — perché aperti 24 ore su 24, sette giorni su sette — improvvisamente afoni, privati senza preavviso dei loro protagonisti, del loro chiasso variopinto, della loro inebriante necessità. New York, Parigi, Las Vegas, Madrid. Ma anche centri spirituali gonfi di Storia e presenti nell’immaginario di miliardi di persone: Roma, Gerusalemme, La Mecca, Istanbul. Il mormorio sacro interrotto, le preghiere costrette a salire verso il Cielo dai luoghi privati delle nostre anime. Questo ha fatto il coronavirus. E ancora non ce ne siamo accorti del tutto.
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