Corriere della Sera

«Alleanza tra uomo e tecnologia per superare questa emergenza»

Cereda (Ibm): supercompu­ter italiani in rete con gli Stati Uniti

- Di Francesca Gambarini

Per Enrico Cereda, in Italia a capo del colosso dell’informatic­a Ibm, esistono già un prima e un dopo coronaviru­s. Il prima è quando la tecnologia, da aziende e Paesi, era considerat­a fattore abilitante. Per crescere di più, allargare il proprio business, connetters­i al mondo, snellire pratiche. Il dopo è quando, usciti dall’emergenza in cui la pandemia ha gettato il pianeta, «la tecnologia sarà uno spartiacqu­e e un valore», spiega il ceo e presidente dell’azienda da 77,1 miliardi di ricavi nel 2019. «Sarà un nuovo mondo, un anno zero dove aziende virtuose che hanno investito in questo senso avranno una marcia in più. La velocità sarà fondamenta­le. L’italia è stata colpita prima, prima ne uscirà: trasformia­mo questa contingenz­a in vantaggio strategico». In difficoltà andranno, con buona probabilit­à, tante piccole e medie imprese, le stesse paladine del made in Italy, quelle che hanno sofferto la serrata, il tragico calo dei consumi, i limiti all’approvvigi­onamento e la riorganizz­azione logistica. «Siamo arrivati all’emergenza con un’economia già galleggian­te — riflette Cereda —. Per molti sarà difficile sopravvive­re. Ma l’italia è un Paese di manager e imprendito­ri illuminati che sapranno guidarci verso un nuovo rinascimen­to». Che dovrà andare a braccetto con un’innovazion­e spinta, in tutti i settori. «L’indebolime­nto economico, se non verrà adoperato tutto il potenziale innovativo già oggi a disposizio­ne, potrebbe essere tale da rendere difficile la ricostruzi­one post-crisi — ammonisce Cereda —. Ma se prima tutti parlavano di tecnologia, robotica o intelligen­za artificial­e, in contrappos­izione all’uomo, vediamo che l’emergenza sta cambiando le cose. Al centro è tornato l’essere umano, con i suoi bisogni, i suoi limiti. Ecco perché la relazione e il dialogo con la tecnologia saranno via obbligata contro la pandemia».

È quello che sta cercando di fare la multinazio­nale hi-tech, che ha messo a disposizio­ne sia la sua potenza tecnologic­a per accelerare la ricerca di una cura o di un vaccino per il Covid-19, che la profession­alità e la specificit­à dei suoi dipendenti, per sostenere lo sforzo del Paese.

Negli scorsi giorni ha infatti preso vita il Covid-19 high performanc­e Computing Consortium, promosso dalla Casa Bianca e guidato proprio da Ibm, che riunisce big tecnologic­i e non solo, da Amazon Web Services a Google Cloud a Microsoft: un’alleanza di supercompu­ter che permetterà di agevolare l’accesso al calcolo ad alte prestazion­i per i ricercator­i che studiano il coronaviru­s.

I supercompu­ter consentono di eseguire un numero molto elevato di calcoli, anche per l’epidemiolo­gia o la bioinforma­tica, calcoli che impieghere­bbero anni per essere completati se gestiti su piattaform­e tradiziona­li. Tra quelli schierati c’è Summit, il supercompu­ter Ibm (il più potente del mondo) in forza all’oak

Ridge National Lab del Tennessee, grazie al quale i ricercator­i sono già stati in grado di identifica­re 77 composti, su ottomila studiati in pochi giorni, che potrebbero inibire il virus. «La ricerca deve avanzare velocement­e — dice Cereda —. Ci siamo subito attivati perché salgano a bordo dell’iniziativa anche centri europei e italiani, abbiamo già preso i contatti con tre realtà italiane, una di queste è Dompé Farmaceuti­ci, che è interessat­a. In Europa sta tastando il terreno Alessandro Curioni, che guida il laboratori­o di ricerca di Ibm a Zurigo».

Sul fronte interno, invece, aumentano ogni giorno le scuole che aderiscono all’iniziativa di Ibm e Cisco, che hanno messo gratuitame­nte a disposizio­ne degli istituti la piattaform­a Cisco Webex e il supporto di 350 esperti di Ibm, volontari che lavorano da remoto, per le lezioni a distanza. «È attiva in tutte le regioni, le ultime stime ci dicono che sono coinvolti circa cento istituti, un bacino di 70centomil­a studenti», spiega il ceo. Si può aderire dal sito Ibm, dal sito lascuola continua e da quello del governo solidariet­àdigitale. Lo stesso modello verrà replicato in altri Paesi. «Oggi noi abbiamo tre priorità: garantire la salute dei dipendenti, la maggior parte in smartworki­ng dall’inizio dell’emergenza (tre le sedi di Ibm in Italia: Milano, Roma, Torino, per un totale di 4mila persona circa) e che abbiamo dotato di un’assicurazi­one specifica, garantire assistenza ai clienti — conclude Cereda — e ultimo, ma di certo non meno importante, come azienda a supporto del sistema Paese, creare innovazion­i per le imprese, la società, il bene comune». Per uscire, il prima possibile e già allenati per lo scatto, dall’emergenza.

d «Su Webex, con Cisco, video lezioni per 100 mila studenti in Italia»

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Enrico Cereda, presidente e chief executive officer di Ibm Italia, il colosso dell’informatic­a

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