Segreti di famiglia e storia d’italia La partita doppia di due cugini
Tre generazioni in «Sotto il radioso dominio di Dio» di Giorgio Zanchini (Marsilio), dal fascismo a oggi
le province dell’umanità, quello che appunta l’occhio sui tic privati e comuni, chi narra l’intimità e scandaglia la nevrosi, insomma le voci sono profonde e distanti tra loro, e rappresentano un po’ tutti noi.
E infatti non si ritroveranno nel diario i personaggi del «Romanzo italiano», l’infermiere Umberto Chemeri con il figlio Giulio o l’avvocato Alberto Dell’abate con la figlia Laura, né le trame amorose né gli intrighi domestici e gli scontri caratteriali dei personaggi. Questa volta c’è «solo» la vita vera, e lo si percepisce subito fin dalla prima, intensa puntata affidata a Sandro Veronesi: ci sono i conti agghiaccianti e quotidiani dei contagi, le telefonate drammatiche ai figli rimasti bloccati dall’altra parte del mondo o più vicino, le tensioni e le ansie dell’isolamento, l’ordinata e «magrittiana» coda al supermercato di Prato, l’asciugatrice in cantina o il giro in balcone che diventa passeggiata quotidiana per non soffocare, l’angoscia di considerare svanito tutto un mondo e la speranza che invece una luce brilli in fondo al tunnel, magari l’incredibile capacità dei bambini di capire e sopportare perfino i giorni di clausura. C’è il fatto che sia tutto vero, reale, e difficile perfino da concepire. C’è la riflessione sull’altro, i dimenticati, gli ultimi, chi soffre, chi in casa viveva già tensioni o tragedie, ora moltiplicate. E c’è il pensiero per l’ambiente, la Terra benigna che soffre per l’inquinamento ma anche la Terra matrigna che crea virus micidiali, e la nuova responsabilità di cui tutti ci si è dovuti fare carico. Tutti, nessuno escluso. Un lavoro a più mani che risuona con il lavoro di approfondimento che «la Lettura», accanto ai consueti contenuti (dai consigli di lettura ai racconti stranieri), continua a svolgere sul terreno del Covid-19 e del suo impatto sulla società.
Non sarà soltanto un diario, un memoir, una lettura che terrà compagnia ai lettori per queste settimane, sarà anche il tentativo di pensare, mentre si vive questo presente, a come sarà il futuro: «Nel romanzo a puntate — conclude Covacich — ci eravamo cimentati con la fantasia, creando un mondo altro. Qui ci cimenteremo con l’immaginazione, che è una cosa molto diversa e serve per lavorare con il mondo che abbiamo; da questo punto di vista, la scrittura è anche una forma di conoscenza».
Sotto il radioso dominio di Dio, è pubblicato da Marsilio (pp. 224, 16)
● Giorgio Zanchini (Roma, 1967, nella foto), è giornalista e saggista. Conduce su Rai Radio Uno la trasmissione Radio anch’io. Tra i suoi libri:
Il giornalismo culturale (Carocci 2013), La radio nella rete (Donzelli 2017), Cielo e soldi (Aras 2019). Sotto il radioso dominio di Dio segna il suo esordio nella narrativa
Nel suo primo romanzo, Sotto il radioso dominio di Dio (Marsilio), Giorgio Zanchini ha intrecciato i percorsi di tre generazioni per raccontare la storia di una famiglia cattolica dal passato illustre. Pagina dopo pagina, ha descritto l’emanciparsi del protagonista, Matteo, dai suoi familiari, dalla religione, e da un’educazione rassicurante, in questo bel libro sulla fatica di vivere in una società secolarizzata.
Ecco i personaggi. Nella prima parte incontriamo il Capitano, un alto militare in partenza per la campagna di Russia. Cattolico, tradizionalista, austero e fascista. Come molti soldati, quando l’8 settembre del 1943 si trova di fronte alla disfatta, sceglie l’esercito regio, risalendo la penisola, mostrando fedeltà al re e non al fascismo che ha portato l’italia alla sconfitta. Certo il Capitano non si chiede come sia possibile scindere le responsabilità del monarca da quelle del Duce. In fondo Vittorio Emanuele III ha impiegato oltre vent’anni per costringere Mussolini a dimettersi. Prima di allora, ha avallato la politica del fascismo dall’inizio alla fine, firmando tutte le sue leggi, non escluse quelle antisemite del 1938. E i militari? Hanno mai espresso qualche forma di dissenso rispetto al fascismo? E in che senso nel 1943 si sentono fedeli a un sovrano che ha legato il proprio nome alla dittatura?
Il protagonista della seconda parte del libro è lo zio del Capitano, il segretario generale della compagnia di Gesù, il tramite fra i Papi e Mussolini lungo tutto il ventennio, Pietro Tacchi Venturi. È il prozio di Matteo, e di sua cugina Giulia, intenti a ricostruire le vicende di questo autorevole esponente della loro famiglia. Matteo non lesina critiche a Giulia, propensa a giustificare il comportamento di Tacchi Venturi perda
«È importante esserci non con una storia inventata ma con il proprio corpo, usando l’io come prisma ottico»
ché analogo a quello di tanti cattolici, avversi al razzismo biologico, ma non estranei alla cultura antigiudaica. E qui Zanchini coniuga due mondi solitamente lontani: la riflessione storiografica sull’antisemitismo, affidata alle parole di uno storico ospitato nel salotto di casa, e la memoria familiare. Si tratta di uno storico molto scrupoloso, ma anche molto discreto. Altri avrebbero invitato i due ragazzi a riflettere sulle ragioni dell’adesione di tanti cattolici a un regime totalitario ufficialmente antisemita dal 1938. Avrebbero cioè notato che la differenza fra antigiudaismo e antisemitismo non ha alcuna rilevanza e non sminuisce la gravità di ciò che accadde agli ebrei negli anni
Trenta e Quaranta del Novecento con la complicità dei cattolici e cioè degli italiani. E, in ogni caso, ad oggi sappiamo moltissimo e ancor di più sapremo dopo la recente apertura degli archivi di Pio XII che consentiranno di ricostruire interamente la sua posizione sulla questione ebraica e, conseguentemente, il ruolo di Tacchi Venturi.
E infine la terza e la quarta parte, le più potenti, quelle in cui la mano dello scrittore è più forte di quella del saggista. Zanchini — che tra l’altro è in libreria anche con un volume edito da Laterza e scritto con Giovanni Solimine, La cultura orizzontale, uno studio sulle forme di produzione culturale nell’era della rete — ci accompagna come i grandi narratori nell’evoluzione dei due personaggi principali. Sono le pagine in cui si diventa adulti, si soffre, si muore. Giulia, che all’inizio del romanzo è una cattolica rigida, impegnata a salvare Pietro Tacchi Venturi dalle accuse di suo cugino Matteo, e quelle ben più gravi della storia, nella terza parte difende suo padre Giovanni, il figlio del Capitano, alle prese con un tumore. È una giovane donna, bella e complicata. Matteo, invece, da ragazzo insofferente, diventa un uomo provato dalla vita. Una sera, nel cercare di dare un senso alla sua giovinezza e alle sue sofferenze, una notte d’estate in cui non ha più voglia di vivere, ripensando alle donne importanti o a quelle che non ci sono più, riesce a capire perché ha amato così tanto John Mcenroe.
Lo ha amato perché il grande tennista, nel giugno del 1984, sui campi del Roland Garros, è stato battuto da un giovane e implacabile Ivan Lendl, riconoscendo l’ineluttabilità della sconfitta. E così, finalmente libero, Matteo si sente sollevato. Anche lui ha perso: si emancipa dalle aspettative dei suoi parenti, dalla religione cattolica e da un mondo che non esiste più. Per morire c’è sempre tempo.
L’avo gesuita
Giulia e Matteo investigano sul prozio Tacchi Venturi, tramite fra i Papi e il Duce