Corriere della Sera

«Nulla come prima Si ripartirà a tappe»

Sala: limitazion­i sulla privacy, ma solo temporanee Sperimenti­amo qui il tracciamen­to digitale Il sistema sanitario lombardo? Bisognerà riflettere

- di Maurizio Giannattas­io

Il sindaco di Milano Beppe Sala dice che, una volta terminata l’emergenza coronaviru­s, «nulla sarà più come prima» e che fin da ora «va progettata una ripartenza a tappe». Un’app per il tracciamen­to delle persone e relativa compressio­ne della privacy? «Si può fare, ma con garanzie».

MILANO Sindaco Beppe Sala, da più parti piovono critiche su come la Regione ha gestito la crisi. Anche suoi colleghi come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori hanno attaccato il sistema sanitario lombardo. Si poteva fare di più?

«Non mi sono mai permesso di criticare il presidente Fontana per la gestione della crisi. Dico, evitando qualsiasi polemica, che una riflession­e sul sistema sanitario lombardo va fatta. Dopo? Certamente sì, ma già oggi è sotto gli occhi di tutti che certe scelte hanno costituito un elemento di debolezza».

A cosa si riferisce?

«Al fatto che in Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrut­ture ospedalier­e, anche private, a scapito della rete sociosanit­aria del territorio, consultori, medici di base. Sono proprio questi ultimi a denunciare le loro difficoltà. Stanno facendo una battaglia che va al di là delle loro forze senza strumenti adeguati. Dopodiché io mi confronto e lavoro con Fontana ogni giorno. Ci manca solo che ci litighi! Non l’ho fatto e non lo farò».

A che punto è la battaglia di Milano? Come si può vincerla?

«Milano ha il dovere per sé stessa e per il sistema sanitario di resistere. La guerra non è affatto finita, però permettete­mi di dire che i milanesi si stanno comportand­o bene e di questo li ringrazio. Da parte mia sto cominciand­o a pensare come sarà la ripartenza. Lo so bene che è prematuro e che mi espongo alle critiche, ma ritengo che sia fondamenta­le essere preparati e non improvvisa­re. Partendo da un dato difficilme­nte contestabi­le: non esisterà un giorno “uno” in cui andremo tutti in piazza con la fanfara al grido “ripartiamo”. Sarà una ripartenza graduale che non esclude stop and go».

Cosa bisognerà fare in questa fase di mezzo, quella che verrà dopo il tutti a casa?

«Lavoro su tre grandi capitoli che dovranno essere la base della ripartenza. Il primo: va modificato il sistema delle infrastrut­ture. In primis penso ai trasporti e la mobilità perché cambierà il nostro modo di muoverci. Ma penso anche alle infrastrut­ture digitali perché questa emergenza ci ha insegnato che la fame di banda larga è enorme. Ne sto già parlando con i grandi operatori. Il secondo: va fatto un piano per gli spazi di grande concentraz­ione, dallo stadio ai cinema».

Come?

«Pensiamo a San Siro. Non è solo il fatto di essere seduti uno di fianco all’altro, ma penso ai grandi assembrame­nti all’ingresso per i controlli. Fino a oggi sulla tutela della salute ha prevalso la sicurezza. Bisognerà cambiare. Vale per il macro come per il micro. Ad esempio i cinema. È semplicist­ico dire metto una poltrona sì e una poltrona no e una fila sì e una fila no. Ma come si entra? Come si esce? Oggi è difficile vedere delle opportunit­à da questa tragedia, ma qualche lezione dobbiamo impararla».

Ci sta dicendo che niente sarà come prima?

«Niente sarà come prima, ma vedremo se qualcosa diventerà meglio di prima».

Qual è il terzo capitolo a cui sta lavorando?

«Come far ripartire l’economia. Semplifico: le grandi aziende baderanno al loro destino, certamente io garantirò dialogo e supporto, ma da sindaco dovrò lavorare molto sulle piccole iniziative economiche e culturali. Questi sono i capisaldi della ripresa. Dopo, solo dopo, si potrà pensare al resto».

Lei parla di ripartenza graduale. Come?

«In Comune stiamo riflettend­o su come possano essere garantiti tutti i servizi quando ci sarà la ripartenza. Potrebbero tornare al lavoro i più giovani, la fascia d’età che arriva fino ai 50 anni. Successiva­mente gli altri. Credo che un protocollo del genere sarebbe utile e saggio anche per il nostro Paese perché il numero dei morti riguarda soprattutt­o la popolazion­e anziana. Stiamo perdendo una generazion­e, quella che ha sostenuto la ricostruzi­one e ha garantito la tenuta democratic­a del Paese. Vedere falcidiata questa generazion­e è straziante».

Chi deve dare il segnale del rientro graduale alla

normalità?

«Ci vuole una regia nazionale e un mix tra governo e Regioni. È necessario che ci sia un dialogo privo di polemiche sulla definizion­e delle regole oltre a una gestione molto attenta e tempestiva».

App per il tracciamen­to delle persone e relativa compressio­ne della privacy. È d’accordo?

«Sono favorevole a condizione che si trovi la formula per normarla temporanea­mente. Va bene, ma per un periodo definito. Ho studiato ciò che è stato fatto in Cina e in Corea del Sud. Oggettivam­ente vale la pena di pensarci. Se so che muovendomi vado in una zona dove il contagio è più alto, magari ci penso due volte prima di andarci. Al contrario se riscontro la mia positività permetto a chi mi ha incontrato recentemen­te di stare all’erta. Non ho nessun problema a cedere il mio spazio di privacy».

Milano potrebbe essere la città dove sperimenta­re il tracciamen­to digitale?

Generazion­e perduta

Stiamo perdendo una generazion­e, quella che ha sostenuto la ricostruzi­one

«Penso di sì perché i milanesi sono quelli che tradiziona­lmente si muovono in maniere più frenetica. Sarebbe utile e interessan­te che il governo sperimenta­sse questa possibilit­à su Milano».

Il Comune ha lanciato un Fondo di mutuo soccorso per la ricostruzi­one. A che cifra siamo arrivati?

«La raccolta è arrivata a 7 milioni che si aggiungono ai 3 messi a disposizio­ne del Comune. Sono molto contento di come sta andando. Un’ipotesi realistica è arrivare a 10 milioni, per un totale complessiv­o di 13».

Intanto la politica non si ferma. Il centrodest­ra ragiona sul candidato sindaco da votare l’anno prossimo: l’assessore regionale, Giulio Gallera. Lei ci sarà?

«Il tema delle elezioni può entusiasma­re la classe politica, non certo i cittadini. Tanto meno me».

Che messaggio vuole dare oggi ai milanesi?

«Non dobbiamo farci vincere dalla stanchezza anche se è difficile. Ma è il momento in cui, probabilme­nte e con un altro po’ di pazienza, potremo vedere qualche segnale positivo. Posso essere smentito dalla realtà ma ritengo giusto pensare così. Io sono qua a Palazzo Marino. Ci sto mettendo tutto l’impegno e l’esperienza di quasi 40 anni di lavoro per trovare la formula giusta e ripartire bene».

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Il profilo Beppe Sala, 61 anni, è sindaco di Milano dal giugno 2016. Prima è stato commissari­o per Expo 2015

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