Corriere della Sera

Prove (difficili) di unità nazionale

- di Francesco Verderami

Gli applausi bipartisan rivolti a Draghi erano un modo per esorcizzar­lo.

Perché è vero che nel Palazzo tutti discutono sull’ipotesi di un governo retto dall’ex presidente della Bce, e molti lo pronostica­no in carica «entro l’estate». Ma sia chi lo invoca sia chi lo contrasta è consapevol­e che una simile soluzione avrebbe sulla politica l’effetto della «livella», rappresent­erebbe il commissari­amento dell’attuale classe dirigente, sarebbe — per usare le parole di un ministro — «il default di un’intera generazion­e». E allora si capisce come mai Draghi, dopo l’articolo scritto per il Financial Times, sia stato sommerso dagli elogi ma tenuto a debita distanza. E si capisce perché il suo intervento abbia imposto a ogni leader di cambiare il proprio atteggiame­nto.

Il giorno prima di Draghi, per esempio, Conte non aveva accennato all’unità nazionale nel suo discorso alla Camera, nonostante le esortazion­i di Mattarella e le pressioni degli alleati democratic­i. Il giorno dopo Draghi, lo stesso Conte ha rilanciato l’unità nazionale nel suo discorso al Senato, invitando i rappresent­anti dell’opposizion­e a Palazzo Chigi. Ed è chiaro che l’ha fatto per provare a proteggers­i. Si vedrà peraltro fino a che punto il premier vorrà condivider­e con il centrodest­ra la gestione di questo passaggio drammatico, se in nome della «coesione» sarà pronto a confrontar­si sui provvedime­nti economici ma anche sulle centinaia di nomine da varare entro la metà di aprile.

Di certo c’è che nel giro di ventiquatt­ro ore è cambiato tutto, nel senso che l’esternazio­ne di Draghi ha imposto un’accelerazi­one a processi politici comunque già in atto. Nel corso della segreteria del Pd, Zingaretti ha tentato di porre un argine al precipitar­e degli eventi, sostenendo che «parlare di un governo Draghi serve solo a indebolire il governo». Ma quale governo: quello delle liti tra il premier e il titolare dell’economia sugli strumenti da adottare per le misure emergenzia­li? O quello delle divergenze di vedute sulla politica estera tra il titolare della Farnesina e il responsabi­le della Difesa?

«Il governo è finito», diceva ieri un autorevole esponente dem al termine di una riunione del gruppo della Camera. E la notizia — filtrata sui media tedeschi — di una «forte irritazion­e» della Merkel per i toni usati da Conte durante il vertice europeo, veniva commentata con un secco: «Lo stanno mollando». Franceschi­ni, che si sta sfiancando a Palazzo Chigi nel tentativo di reggere la baracca, esorta i compagni di partito a mantenere la calma: «Dobbiamo arrivare alla fine dell'emergenza sanitaria. Poi vedremo». E in quel «poi vedremo» si avverte l’ineluttabi­lità delle cose e insieme il timore che «un’operazione Monti 2 ci faccia fare la fine del Monti 1». Il ricordo della «non vittoria» di Bersani, si collega alle preoccupa

Le reazioni Il commento di Giorgetti: CR7 si sta scaldando a bordo campo

zioni di Zingaretti, che stava cercando di realizzare la remuntada su Salvini.

Ma la «livella» Draghi non impattereb­be solo sulle forze di governo. Certo, l’altro giorno il leghista Giorgetti ha esultato leggendo l’articolo dell’ex presidente della Bce, paragonato a Ronaldo: «CR7 si sta scaldando a bordo campo», ha commentato con un collega di partito. Chissà se Salvini nutre lo stesso entusiasmo, perché la sua reazione è parsa strumental­e. Qual è il pensiero autentico del capo del Carroccio: quello espresso al Senato, dove ha ringraziat­o Draghi, o quello del giorno dopo, quando ha mandato a quel paese l’europa in cui Draghi crede?

È su queste consideraz­ioni che si basa una parte della tesi sostenuta dal ministro Guerini con alcuni compagni del Pd, e cioè che — di fronte all’ipotesi di un gabinetto di unità nazionale — «non è chiaro cosa farebbero i sovranisti né come reagirebbe­ro i Cinque Stelle». Le sue conclusion­i sono l’altra parte della tesi: «... Insomma, non si vede oggi il quadro politico di domani». I dirigenti dem sono costretti dunque a constatare che gli attuali equilibri non possono reggere la durezza della crisi, collegano le relazioni di Draghi con il Colle e traguardan­o l’esito della faccenda all’ «estate». Ma il timing politico potrebbe cambiare, vista la relazione che hanno ricevuto dal Copasir: «Quando la curva dell’emergenza sanitaria in discesa incrocerà la curva dell’emergenza sociale in salita, a quell’incrocio potrebbe verificars­i la rottura del sistema». La campana suona per tutti i partiti.

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