L’america conta 100 mila malati E New York è la sua Ground Zero
NEW YORK «Ti ricordi quando ti chiedevo, incredulo, se era vero che in Italia si faceva la fila per il supermercato? Beh, oggi ho aspettato un’ora per entrare a Whole Foods», mi dice un vicino in ascensore.città semideserta, spesa difficile, ma, soprattutto, ospedali vicini al punto di saturazione, grandi camion frigoriferi per portar via le decine di pazienti che muoiono ogni giorno. E, poi, i primi caduti nel personale sanitario, poco equipaggiato e già stremato. Caduti anche nei ranghi della polizia che ha più di 300 agenti contagiati e altri 3.500 malati.
I newyorchesi osservano con una compostezza che nasconde a fatica il terrore l’accatastarsi di eventi drammatici identici a quelli che fino a due settimane fa vedevano in tv nelle cronache dall’italia. L’america che, superate anche Italia e Cina, ha ormai il non invidiabile primato mondiale degli infetti da coronavirus, oggi varca la soglia dei centomila malati, con oltre 1.200 morti. Tutti guardano lo Stato di New York che, con 45 mila casi, 25 mila dei quali nella metropoli, è l’epicentro della crisi. L’anomalia della «città che non dorme mai», più vulnerabile davanti all’epidemia per il suo cosmopolitismo e per l’elevata densità abitativa, ha fatto credere a Donald Trump che fosse possibile isolare la Grande Mela e pochi altri focolai del virus, facendo tornare il resto del Paese al business as usual.
Ma da Chicago a Detroit, da Filadelfia a Boston, l’epidemia corre veloce mentre Los Angeles
è in stato d’emergenza e la Louisiana sprofonda in una crisi che, per numero di morti in rapporto alla popolazione, è addirittura più grave di quella di New York. Il 9 marzo, quando l’italia era già in lockdown, qui non c’era nemmeno un caso: oggi siamo a 3.000 malati e 120 morti, la metà a New Orleans.
La città, già martoriata anni fa dall’uragano Katrina, paga la leggerezza delle autorità che il 25 febbraio hanno lasciato che si svolgesse la parata del Martedì grasso: un milione di persone assiepate lungo il viale del Quartiere francese, una bomba biologica. Ora autorità federali e locali si rimpallano la responsabilità su chi doveva bloccare tutto. Ma di irresponsabili ce ne sono tanti. Come Tony Spell, il pastore ultraconservatore di Baton Rouge che, ignorando i divieti, domenica e di nuovo martedì ha radunato nel suo tempio più di mille fedeli: «Non abbiamo paura di contagi, questo è un allarme virus politicamente motivato».
L’impasto di impreparazione e ignoranza dei rischi in una regione molto povera e piena di malati cronici poco assistiti verrà pagata cara in Louisiana. Ma anche altrove:
New Orleans
Le autorità hanno permesso la parata del Martedì grasso: una bomba biologica
«Se, invece di fare i war games, avessimo fatto i germ games, adesso non saremmo in queste condizioni», ha detto l’altra sera Bill Gates che già nel 2015 aveva avvertito i governi, a partire da quello Usa: «Spendete troppo per missili e cannoni e nulla per prepararvi alla vera guerra in arrivo, quella delle pandemie».
Lezione dura per tutti a cominciare da Trump che ha sottovalutato la crisi. Lui, però, non solo nega ma insiste infilandosi in un’assurda polemica col governatore di New York, Andrew Cuomo: «Vuole 30 mila respiratori ma la mia impressione è che non gli servono, ne ha migliaia in magazzino». Stavolta il solitamente diplomatico Cuomo replica duro: «È pura ignoranza. Io parlo coi fatti e con la scienza: la gente in crisi respiratoria aumenta ogni giorno e il picco arriverà fra 3 settimane. I respiratori di riserva sono per loro».