Corriere della Sera

Lo scandalo delle «schiave» scuote la Corea: gogna pubblica per l’adescatore

- di Irene Soave

«Ringrazio i poliziotti per avere fermato questa seconda vita terribile, che mi stava divorando». Ha detto così, quando l’hanno arrestato per estorsione, reati sessuali aggravati e sfruttamen­to sessuale di minori, «Mr. Doc»: un coreano di nome Cho Joo-bin, animatore di un canale Telegram a pagamento, «the Nth Room», su cui 74 ragazzine — 16 minorenni — caricavano video porno che la polizia ha definito «disumani, annichilen­ti». Schiave sessuali a tutti gli effetti: alcune, nei video, hanno anche la parola «schiava» marchiata addosso a fuoco o tatuata. Le ragazzine erano adescate con la promessa di «guadagnare soldi online» e venivano subito ricattate. Il canale di «Mr. Doc» era attivo dal 2018. Aveva 300 mila spettatori, che pagavano Doc e i suoi collaborat­ori, anche loro arrestati, con criptovalu­te.

Ma qual era la «prima vita» del signorotto dell’nth Room, finito in manette una settimana fa dopo mesi di indagini? Lo si è scoperto solo giovedì, a una settimana dall’arresto: la Corea del Sud tutela severament­e l’anonimato dei criminali «salvo eccezioni particolar­mente odiose». Ma una petizione a cui hanno aderito 2,6 milioni di coreani ha chiesto, e quasi imposto, che le autorità ne rendessero noti il volto e il nome. Gli inquirenti, che si sono detti «disgustati» dalle immagini pornografi­che ritrovate nel canale Telegram, ed estremamen­te crude, hanno anche convocato una conferenza stampa in cui Cho Joo-bin è stato mostrato ai giornalist­i, faccia scoperta, manette ai polsi, come il nemico pubblico numero uno con cui tutti lo hanno identifica­to sin dal giorno del suo arresto. Alle braccia ha bende, e indossa un collare medico: sembra che nei giorni scorsi, appena lasciato solo, abbia tentato di togliersi la vita.

Cho Joo-bin è uno studensomm­a. te, ha 24 anni, ed è un attivissim­o volontario nell’accompagna­mento di disabili e nell’assistenza ai poveri. Con lui una rete di una ventina di complici, quasi tutti coetanei che stavano facendo il servizio civile. «Bravi ragazzi», inCome i loro clienti, 300 mila coreani «normali» sui cui telefonini Mr. Doc e soci recapitava­no foto di ragazze «deumanizza­te», trattate come bestie, e spesso anche di bambine. L’indagine su Mr. Doc e soci è stata aperta nel quadro di un’indagine più ampia sulla pornografi­a infantile sempre più diffusa, nel Paese, tramite canali criptati (ad esempio Telegram). Nel 2017 il governo ha dovuto varare una legge sulle «spycam», microcamer­e nascoste: ce n’erano ovunque, messe in spogliatoi di negozi e bagni femminili e collegate a Internet, per filmare e trasmetter­e le immagini di donne ignare.

Ma dalle indagini sulla «Nth Room» e sui suoi moderatori — non ancora chiara l’identità di solo uno di loro, conosciuto col nickname Godgod — emerge anche un’altra

I ricatti

Le ragazze venivano reclutate con la promessa di soldi facili, e subito ricattate

storia. Quella di tale Kang, un operatore sociale che faceva parte della chat. Avrebbe chiesto a Cho un aiuto: da mesi minacciava la propria insegnante delle medie, dal ricordo delle cui «angherie» era ossessiona­to, e aveva già dato a Cho 4 milioni di won (circa 3.500 euro) perché architetta­sse il rapimento della di lei figlia piccola. Aveva già comunicato a Cho l’indirizzo del nido della bambina, e da una chat tra i due è emerso che «pianificav­a di avvelenarl­a».

Cho, ai giornalist­i che gli hanno chiesto cosa direbbe alle vittime, ha risposto chiedendo scusa a tre persone per ora estranee ai fatti, che non fanno parte della cerchia dei suoi cari e che nessuno conosce. La chat «Nth Room» insomma, sembra un vaso di Pandora appena scoperchia­to. Cosa può uscirne ancora? la Corea trattiene il fiato.

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