PERCHÉ LA POLITICA USA È IN MANO AI SETTANTENNI
Caro Aldo, com’è possibile che la più grande potenza mondiale non abbia una giovane classe dirigente? Per il partito democratico, i principali candidati alle primarie sono ultrasettantenni. Biden, Sanders, Bloomberg, se vincessero, si troverebbero all’età di 80 anni a dirigere gli Usa.
In effetti la competizione per scegliere l’avversario di Donald Trump (73 anni) si è svolta tutta tra uomini e donne della sua generazione: Joe Biden ha 77 anni, Bernie Sanders 78 come Michael Bloomberg, Elizabeth Warren settanta. Trump ha coniato soprannomi per ognuno di loro: Sleepy Joe, Crazy Bernie, Pocahontas (la Warren vanta sangue indiano, anche se la genetica ha stabilito che ne ha pochissimo), Mini Mike. Non era difficile prevedere, come ci siamo detti anche quando erano in vantaggio prima il giovane Pete Buttigieg e poi il socialista Sanders, che alla fine il candidato sarebbe stato Biden. Non che sia irresistibile; in Iowa ha salutato per due volte la folla dicendo «sono felice di essere qui con voi in Ohio»; ma era evidente che la macchina del partito democratico avrebbe manovrato in modo da schierare contro Trump un candidato esperto, in grado di mobilitare il voto nero e di essere competitivo negli Stati dove gli operai bianchi nel 2016 voltarono le spalle a Hillary Clinton (72 anni).
Se in America, e non soltanto, la politica è in mano ai settantenni, è perché la generazione cui appartengo non è stata all’altezza. In Italia si è passati da Prodi e Berlusconi a Salvini, Renzi, Di Maio, Meloni. In Francia è spuntato Macron, eletto presidente a 39 anni. In Germania la Merkel non ha successori.
Un po’ ovunque mancano i nati negli anni 60, che si sono formati negli anni 80, quelli del riflusso e dell’individualismo, della febbre del sabato sera e del campionato di calcio più bello del mondo; persino ballare si ballava da soli; altro che impegnarsi in politica.
Mi piacerebbe fare un sondaggio tra i miei coetanei: se hanno ricevuto un attacco ingiusto, una cattiveria gratuita, è quasi sempre da uno della loro generazione. Da una parte, i sessantottini uniti per la vita e per la morte, magari transitando da Mao al liberismo; dall’altra, i trentenni bravi a lavorare in rete e a fare rete, anche se a volte inesperti e inadeguati; in mezzo, quasi niente.