La mia edicola per recuperare fiducia
Mazzanti e il «giocattolo» che si trasforma. «Uno spazio utile alle relazioni nel dopo Coronavirus»
Progetta tenendo al centro i valori sociali. Dimostrando che una buona architettura può aiutare a creare una nuova identità per città e abitanti, soprattutto nei momenti di crisi. Giancarlo Mazzanti, architetto colombiano di fama internazionale, è uno dei sette autori che hanno partecipato al concorso «L’edicola del futuro», curato da Luca Molinari e ideato dall’agenzia Nemo Monti Comunicazione con il Corriere della Sera. Un concept, il suo, basato sulla condivisione, quanto mai attuale se si pensa all’inevitabile ricostruzione psicologica delle relazioni, dopo il «distanziamento» per il Coronavirus.
Partecipazione «Vinta la lotta ai narcos, la mia biblioteca a Medellin ha favorito il senso di appartenenza»
«Time for Play» è il nome programmatico del concept di edicola: «È un giocattolo urbano da assemblare. Uno spazio aperto e flessibile, scenario di attività di interazione tra abitanti del quartiere», spiega. Quasi un kit di montaggio composto da tre petali intorno a un centro, e due parti mobili, superiore e inferiore, che si espandono e si contraggono: «In base all’uso, è la comunità stessa a contribuire alla configurazione, diventando partecipativa al progetto. Così l’edicola assurge a elemento forte del quartiere, in quanto attivatore di meccanismi di relazione. A cui si affianca la capacità di generare uno scambio più ampio e profondo dell’informazione». Insomma, il coinvolgimento genera fiducia, e a cascata si innesca un meccanismo virtuoso verso la filiera giornali-edicola-edicolanti.
Perché, di una dinamica positiva di scambio, quando sarà finita l’emergenza, ci sarà ancora più bisogno. «Questa crisi diventerà un apprendistato per costruire nuove forme di contatto. Cambierà il modo di frequentarsi e la socialità». Ecco perché l’edicola potrebbe trasformarsi in un catalizzatore per la vita all’esterno nei quartieri. «Opportunamente attrezzata, diverrebbe palcoscenico per concerti, spettacoli, conferenze, presentazioni di arredi e oggetti. Oppure potrebbe fungere da bar-caffetteria, luogo di vendita, persino passerella per sfilate. O grande tavolo da lavoro». Un approccio multiforme, che trasformerebbe, volendo, anche il ruolo dell’edicolante: «Diventerebbe un manager, in grado di programmare attività con e per la comunità». Ma c’è di più, perché il chiosco potrebbe essere parte attiva anche nell’interscambio di informazioni da web, notiziari e giornali, con la comunità: «Con le dovute dotazioni, il chiosco diventerebbe un “oggetto” funzionale alla raccolta, archiviazione e diffusione di informazioni multimediali. Da condividere».
Un progetto, questo, frutto di riflessioni condotte da Mazzanti durante l’elaborazione di alcune sue architetture. «Per esempio la biblioteca España, a Medellín, capace di favorire dinamiche socioculturali di gruppo e risvegliare il senso di appartenenza. Oppure il Parque Educativo de Marinilla, sempre in Colombia, esempio di veicolo per la raccolta e trasmissione di informazioni tra comunità e scuola. Luogo di istruzione, ma anche edificio che amplia il suo utilizzo».
Con le sue architetture Mazzanti
ha partecipato al rilancio di Medellin. Quale è il suo consiglio per la «ricostruzione» post Coronavirus? «Alla fine della guerra con il narcotraffico, si è cercato subito di lavorare sulla riconquista della fiducia attraverso meccanismi di co-creazione di progetti tra comunità e governo. Questo è stato un punto nodale: l’architettura «partecipativa» ha favorito la costruzione di un senso di orgoglio e appartenenza. Nel post Coronavirus, oltre a contribuire al recupero della fiducia, credo che lo Stato dovrà rivedere le sue modalità decisionali nella progettazione delle città. Per parte nostra, come architetti, avremo il compito di realizzare progetti che coinvolgano attivamente le comunità. Potrebbe un’edicola aiutare? Io credo di sì».