L’sos degli armatori: a rischio il traffico passeggeri e merci
Vale il 5% del Pil nazionale, occupa oltre 60 mila addetti e di fatto influisce direttamente sul 90% della produzione industriale italiana. Sono questi i numeri del settore strategico dello «shipping», la navigazione, che permette la movimentazione di merci e passeggeri e costituisce un anello fondamentale della catena logistica italiana.
Un settore che con l’esplodere della crisi della pandemia da coronavirus è entrato in crisi profonda, al punto da costringere il presidente di Assarmatori Stefano Messina (che è anche presidente del Gruppo Messina, una delle principali società di navigazione italiane) a chiedere la dichiarazione dello stato di calamità naturale per l’intero comparto.
«Sia il trasporto merci che il trasporto passeggeri sono stati colpiti in modo durissimo e il tempo per intervenire prima che l’intero sistema si blocchi con conseguenze incalcolabile sull’intera economia nazionale è davvero brevissimo», spiega Messina. Particolarmente difficile la situazione delle aziende che gestiscono i traghetti. «Con il blocco del traffico passeggeri fino al 3 aprile in questo momento non si vendono più biglietti, ma nessuno prenota più nemmeno per il periodo estivo», afferma Messina. In pratica è così venuto a mancare quel flusso di liquidità che permetteva alle compagnie di fare cassa. Con i ricavi primaverili e estivi le aziende hanno sempre messo a posto i conti in un settore che, strutturalmente, da ottobre a marzo ha un margine operativo negativo. «Mancando questi soldi tra breve saremo costretti a fermare le navi. Non è mai successo ma potrebbe accadere ora», dice Messina.
Per queste ragioni Assarmatori chiede che alle compagnie di navigazione siano concessi i benefici che il decreto Cura Italia riserva al settore aereo. «Alle nostre imprese deve essere assicurato l’accesso ai meccanismi di garanzia previsti nel Decreto ed è necessario che sia integrato con capitali pubblici il fondo Solimare, strumento bilaterale a sostegno del reddito per i marittimi disoccupati, finora finanziato esclusivamente con i soldi delle imprese e dei lavoratori. Le risorse in cassa sono insufficienti per reggere una crisi del genere», conclude.