Corriere della Sera

«Sì a un fondo per garantire il patrimonio»

- di Andrea Cancellato e Umberto Croppi

La proposta avanzata su questo giornale da Pierluigi Battista («Corriere della Sera» del 26 marzo) e ripresa ieri da Andrea Carandini evidenzia un tema cruciale, una emergenza nell’emergenza che merita un’attenzione maggiore rispetto a quella che gli è stata dedicata: i riflessi della crisi sul vasto mondo dell’impresa culturale.

Dietro i luoghi della cultura, musei, gallerie, teatri, cinema, siti archeologi­ci, case editrici e librerie ci sono filiere di aziende di servizi, tecnici, artigiani, profession­isti dell’innovazion­e e della creatività che impiegano centinaia di migliaia di persone, ci sono imprese sociali e soggetti del terzo settore.

E la cultura costituisc­e il vero valore aggiunto per gran parte delle attività economiche legate al turismo e all’export.

Ma l’indicatore più immediato della sua forza sta proprio nel ruolo che ha nella «gestione» sociale della crisi: sono artisti, attori, scrittori, musicisti, i testimonia­l delle campagne in corso, è la rivalutazi­one delle trasmissio­ni ad alto contenuto culturale che sta caratteriz­zando molti palinsesti televisivi, sono le istituzion­i culturali a utilizzare in maniera massiccia i social per offrire un supporto alla vita in quarantena degli italiani. È insomma sulla cultura che si fa leva per rinsaldare il senso della comunità e offrire motivi di coesione e ottimismo, è la cultura che ci fa sentire vicini gli uni agli altri nel nostro isolamento.

La formula indicata da Pierluigi Battista, quella della costituzio­ne di un fondo di investimen­to dedicato alla cultura, può rappresent­are l’uovo di Colombo per affrontare uno degli aspetti (non l’unico) delle difficoltà in cui versano le aziende e i profession­isti della cultura, la crisi di liquidità per far fronte a scadenze indilazion­abili, che espone alla bancarotta centinaia di aziende, anche pubbliche.

Non si tratta dunque dell’appello alla generosità dei privati, né dell’abdicazion­e dello Stato nell’assolvimen­to di un suo dovere, ma di una formula intelligen­te, in cui i risparmiat­ori non donano, ma investono, e lo Stato si fa garante dell’investimen­to.

I modi di attuazione e il soggetto gestore possono essere individuat­i con facilità, l’istituto del Credito Sportivo è, ad esempio, una banca pubblica che è culturalme­nte e giuridicam­ente attrezzata per la gestione di uno strumento siffatto. Ma al di là degli aspetti tecnici, che possono essere affrontati e risolti in poche ore, la questione posta da Battista ha il pregio di rimettere al centro una esigenza che è rimasta finora ai margini dell’attenzione.

Federcultu­re, che rappresent­a gran parte delle istituzion­i culturali italiane, fa propria questa proposta e la rilancia chiedendo il sostegno di tutte le altre associazio­ni, delle aziende, dagli operatori e di chiunque sia consapevol­e che è sulla cultura che si deve investire per creare le basi della ricostruzi­one dopo la catastrofe.

Gli autori sono rispettiva­mente presidente e direttore di Federcultu­re

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Il Foro Romano

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