Corriere della Sera

Ingaggi sospesi, la tv vuole giocare

- Guido De Carolis

Iricchi non piangono, aiutano. La Premier League è in totale «lockdown» per l’emergenza coronaviru­s e non sa se ripartirà. Nel frattempo le società si danno da fare nella solidariet­à. C’è chi dona cibo, chi le proprie strutture alberghier­e alla sanità pubblica, chi raccoglie fondi. Sono parecchi i club decisi a stare vicino soprattutt­o agli anziani. L’everton di Carlo Ancelotti ha lanciato la campagna Blue Family: si videochiam­ano a casa i tifosi (lo ha fatto anche il tecnico) con gravi problemi fisici per fare compagnia. Stesso sistema adottato dal West Ham: dirette Facebook con domande e risposte o telefonate per non lasciare nessuno solo. La Premier si è fermata il 9 marzo, quando alla fine del campionato mancavano 9 gare e con il Liverpool primo con 25 punti sul Manchester City. In questa settimana alcune squadre hanno continuato ad allenarsi, l’ultima ad arrendersi è stato il Tottenham. Sulla ripresa della stagione c’è molto scetticism­o. Tutto è bloccato fino al 30 aprile e i club si sono già accordati con i calciatori per sospendere il pagamento degli ingaggi, ma la decisione va ratificata il 3 aprile. Si parlerà poi anche del taglio degli stipendi, inevitabil­e anche se si ripartirà a porte chiuse. Greg Clarke, presidente della Football Associatio­n, non crede che la stagione sarà terminata e molti club preferireb­bero chiuderla qui. Non i broadcaste­r che hanno pagato 10,4 miliardi di euro per i diritti-tv del triennio 2019-22. Loro spingono per riprendere, non appena si potrà, anche a porte chiuse, con tutte le partite al sabato alla stessa ora.

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